Andrea Luchesi e i quartetti italiani di Joseph Haydn.

(Estratto da un lavoro più ampio non ancora pubblicato).

Occuparsi oggi dei quartetti di J. Haydn (1732 – 1809) potrebbe sembrare un’attività destinata a risultati modesti, dato che esistono studi riconosciuti ed edizioni critiche (La pubblicazione di riferimento è senza dubbio H. C. Robbins Landon e D. Wyn Jones, Haydn. Vita e opere, Indiana University Press, 1988). Le fonti italiane presenti presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena, il conservatorio Benedetto Marcello di Venezia e, probabilmente quella della biblioteca Giancarlo Rostirolla, appartenuta al conte Camillo Compagnoni Marefoschi, giustificano un’indagine che fa emergere elementi del tutto nuovi e sorprendenti sulla ricezione della musica per quartetto di J. Haydn in Italia.

Il presente studio si propone di analizzare le fonti dei quartetti op. 9, di J. Haydn, presenti nelle collezioni di Modena e Venezia. Esse fanno parte dell’antico fondo proveniente dalla cappella elettorale di Bonn – ora alla Biblioteca Estense Universitaria di Modena – e del Fondo Giustiniani – ora al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia (Il fondo Giustiniani del conservatorio «Benedetto Marcello». Catalogo dei manoscritti e delle stampe, Leo S. Olschki Editore, Firenze 1990. La famiglia Giustiniani Recanati delle Zattere, proprietaria del teatro San Moisé, svolse un ruolo di prim’ordine nella vita musicale veneziana del XVIII e XIX secolo). Sono fonti che sembrano non destare l’interesse dei ricercatori benché siano copie in grado di mettere in dubbio, non solo l’autenticità degli autografi di Haydn (quelli dei quartetti dell’op. 9 sono dispersi), ma, addirittura, la stessa paternità. Si tratta di manoscritti che fanno della città di Venezia il centro più importante di divulgazione della musica strumentale di Joseph Haydn e di molti autori della Wiener Klassik. In ultima analisi tali fonti costituiscono autorevoli indizi di una relazione profonda tra le opere intestate al musicista austriaco e le vicende umane e musicali di Andrea Luchesi (1741 – 1801).

L’indagine sarà condotta utilizzando strumenti tradizionali (cataloghi delle raccolte, letteratura disponibile, analisi delle fonti) e altri d’indirizzo codicologico (carte filigranate veneziane, datazione delle produzioni delle cartiere, grafie dei copisti).

 

 

I quartetti di Joseph Haydn presenti nelle collezioni della Biblioteca Estense Universitaria di Modena e del conservatorio Benedetto Marcello di Venezia.

Il catalogo Hoboken indica come siano da considerare autentici 83 quartetti, mentre 66  sono ritenuti spuri (Tutte le informazioni riportate sono citate da A. von Hoboken, Joseph Haydn Thematich-Bibliographisches Werkverzeichinis, Schott Söhne, Mainz 1957); tra i primi sono però inclusi anche i quartetti dell’op. 3. (Hob. III:13-18). Sebbene Haydn li abbia inseriti nel proprio catalogo (Haydn-Verzeichnis), preparato nel 1805 da J. Elssler, sotto la sua supervisione, e siano stati stampati a Parigi nel 1803 da I. Pleyel (1757 – 1831), essi furono verosimilmente composti da R. Hoffstetter (1742 – 1815 – L. Bianchini A. Trombetta, Mozart. La caduta degli dei. Parte Prima, Youcanprint, Roma 2016, p. 400). Questo fatto getta un primo dubbio sull’attendibilità del catalogo di Haydn, che si sarebbe attribuito composizioni di altri autori.

 

La raccolta modenese, latrice di fonti presenti nell’antica collezione della cappella di Bonn, custodisce oggi copie dei quartetti

Hob. III: 1, 3, 6, 19-24 (op. 9), 25-30 (op. 17), 32 (op. 20).

L’antico catalogo anepigrafo della cappella di Bonn (1785-1794), conosciuto come Catalogo 53.I, testimonia che, fino al 1792, anno in cui per la prima volta il principe lasciò la corte a causa della minaccia dell’esercito napoleonico, la raccolta elettorale annoverasse le fonti di 56 quartetti intestati al musicista austriaco. Esclusa l’op. 3 vi erano copie di

Hob. III:1-4, 6-12, 19-24 (op. 9), 25-30 (op. 17), 31-36 (op. 20), 37-42 (op. 33), 44-49 (op. 50), 57-62 (op. 54-55), 63-68 (op. 64)e tre quartetti spuri, non presenti nel catalogo Hoboken (sono tre quartetti scritti nelle tonalità di mib magg., re magg. e fa magg., segnati, con i relativi incipit musicali ai numeri di catena 8, 19, 21 del catalogo 53.I.).

Erano assenti solo i quartetti Hob. III:5 e 43 che, come riporta Hoboken, ebbero una scarsissima divulgazione, e Hob. III:50-56, la versione per quartetto della Musica Instrumentale sopra le sette Espressioni del nostro Redentore in Croce.

La cappella di Bonn, fino al 1792, possedeva quasi tutti i quartetti considerati autentici di Haydn, a dimostrazione di un forte interesse per la musica del compositore austriaco e di una singolare capacità di scelta. Era sicuramente una delle più complete collezioni di quartetti del musicista austriaco ed è verosimile che la mancanza degli ultimi lavori Hob. III:69-83, composti dopo il 1793, sia unicamente da imputare alle vicende intervenute tra il 1792 (prima fuga del principe con l’archivio della cappella) e l’autunno del 1794, quando la corte, ritornata nell’aprile, lasciò per sempre il principato di Colonia-Bonn (Il catalogo 53.I. assicura come presso la cappella elettorale esistessero, fino alla prima fuga con l’archivio (1792), anche 78 sinfonie di J. Haydn più l’Introduzione, sette Adagi e il Presto (Terremoto) della Musica Instrumentale sopra le sette Espressioni del nostro Redentore in Croce).

Nella «Relazione sulla cappella del principe elettore di Colonia a Bonn e altri musicisti locali», inviata al Cramer Magazine der Musik di Lipsia nel 1783, Christian Gottlob Neefe cita tra i compositori dilettanti attivi a Bonn

«[…] il sig. Capitano Dantoine, un appassionatissimo adoratore e conoscitore dell’arte musicale; [egli] ha formato il suo gusto in Italia, ha magistralmente sfruttato anche la lettura delle partiture dei compositori classici [e] ha composto: […] e) Diverse sinfonie e f) alcuni quartetti nella maniera di Haydn e capricci» (Neefe segnala come, a Bonn, «Il consigliere von Mastiaux […] possiede una quantità di lavori musicali tra cui:/ 80 sinfonie di Joseph Hayden/ 30 quartetti e/ 40 trii del medesimo […]»).

Non solo perciò la cappella di Bonn possedeva probabilmente la più completa collezione di quartetti di Haydn, ma il suo stile era imitato dal dilettante Ferdinand d’Anthoine (1746 – 1793 ), cognato e, plausibilmente, prestanome del Kapellmeister Andrea Luchesi (la musica composta da d’Antoine è oggi totalmente irreperibile).

 

Presso il conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, nel fondo Giustiniani, sono oggi custodite le fonti dei quartetti

Hob. III:3, 4, 9, 10, 11, 12, ES 6, Es 8, D 3, oltre a 3 spuri non presenti nel catalogo Hoboken Giust. B. 21 n. 1. (scritti nelle tonalità di mimagg., sol magg. e do magg.), 19-24 (op. 9), 31-36 (op. 20), 37-42 (op. 33), 50-56 (versione quartetto di Musica Instrumentale sopra le sette Espressioni del nostro Redentore in Croce), 57-63 (op. 54-55), 69-71 (op. 71).

Anche la nobile famiglia dei Giustiniani si dimostrò molto attenta alle composizioni per quartetto di Haydn e, come si vedrà, probabilmente prima della fine del 1771, entrò in possesso di una copia dell’op. 9.

Nel fondo Liceo-Società Musicale «Benedetto Marcello» sono oggi custodite altre fonti dei quartetti di Haydn, ovvero

Hob. III:1-6, 31-36 (op. 20), 37-42 (op. 33), 69-74 (op. 73 e 74 – 2 copie) e una collezione di 10 quartetti tra cui Hob. III: 10, 4, 2, 1, 7, 6, 3, 8, uno spurio (Liceo – Società Musicale «Benedetto Marcello» 1877-1895. Catalogo dei manoscritti (prima serie), Leo S. Olschki Editore, Firenze 1989. Si tratta del medesimo quartetto in mimagg. presente nella collezione di dieci quartetti del fondo Giustiniani), e Hob. II:6.

Benché nei cataloghi riferiti ai due fondi i quartetti siano descritti specificando la numerazione assegnata dal catalogo Hoboken, ad eccezione delle fonti di Hob. III:1, 2, 4, 6, 7, 8, 19-24 e Es 8, nessuna altra è segnalata dal catalogo delle opere musicali di Haydn. Sembra trovare conferma l’impressione che le fonti italiane siano sottovalutate dagli estensori di detto catalogo, probabilmente in ragione di un approccio strettamente filologico.

 

 

I quartetti op. 9, 17 e 20. Cenni introduttivi.

Op. 9 (1769) e op. 17 (1771) rompono un lungo silenzio di J. Haydn che, dopo quasi un decennio, torna a scrivere per un organico formato da due violini, viola e basso. Op. 20, composta nel 1772 per due violini, viola e violoncello, chiuderà il ciclo che, dal 1769 al 1772, darà origine a 18 quartetti. Solo nel 1778-81 (sic) Haydn riprenderà a scrivere per un organico di due violini, viola e violoncello e comporrà i 6 quartetti di op. 33.

L’autografo di op. 9 è scomparso mentre quelli di op. 17 e 20 (proveniente dall’eredità di Johannes Brahms) sono conservati presso la Gesellschaft der Musikfreunde di Vienna. Sono gli unici autografi esistenti dei primi 42 quartetti. Quanto ai quartetti III:5, 6, 13-18, Haydn non li inserì in nessuna delle stesure del primo catalogo personale (EK – Entwurf Katalog).

Secondo un aneddoto non confermato, Haydn avrebbe voluto incominciare la pubblicazione dei suoi quartetti proprio con l’op. 9 e, come scrisse G. Carpani, «ognuno di questi quartetti dal  20 all’ 82 sarebbe bastato per dare il nome di “classico” il loro autore».

 

 

Gruppo III Nr. 19-24. Componimenti del 1769 – conosciuti come op. 9.

Hoboken riporta come Haydn, nell’Entwurf Katalog, indichi i quartetti dell’op. 9 come «divertimento a quatro», «a quatro» o «a 4tro», e li inscriva secondo l’ordine 22, 19, 21, 20, 23, 24. È solo con HV 26 (Haydn Verzeichnis), che i quartetti prenderanno l’ordine 19-24 oggi accettato.

Tra i noti cataloghi del diciottesimo secolo, i quartetti dell’op. 9 sono presenti in:

  • Quartbuch II (1774-75), indicati come C3, Es9, G2, d3, B1 e A2;
  • Breitkopf (1771), indicati come “quattri di Gius. Hayden” nell’ordine 22, 24, 19, 21, 23, 20;
  • Florian, indicati come “Quartette 67-72;
  • Göttwieg, indicati nell’ordine
    • III:20– “Divertimento a Quatour” Nr- 27 m. Vm.: “Comp.R.P.Mariuanus”, copia ancora disponibile nel 1938;
    • III:24 – 2 copie come “Divertimento” Nr. 16 e 37; il resto è elencato tra i manoscritti;
  • Fu [Fürstemberg], 17a C10; 19 Es5; 21a G5; 18a d2; 24 B4; 23 A2; 48a
    • III:23 aggiunto come “Variazione” f.Kl;
  • PthV[?] A.d.21-26.

 

Tra le fonti manoscritte il catalogo Hoboken cita quelle esistenti presso le collezioni di;

  • Göttweig, diverse fonti dei quartetti
    • III:19: 2 copie indicate come “Quadro” e “Divertimento” (Cat. Nr. 20);
    • III:21: “Quadro” (Cat. Nr. 38);
    • III:22: “Divertimento” (non presente nel Catalogo);
    • III:23: “Divertimento” (Cat. Nr. 45);
  • Harburg – ogni copia è indicata come “Divertimento [a 4]”;
  • Kremsmüster – III:22-24 m. Vm.: “P.L.P.P.C. (s.I: 37 NB) del 1780;
  • MaWB(BB)[Forse Staats Bibliothek Musikabteilung Berlin] – III:23, f.Kl.: “Var[iazione] p[er]. Cemb[alo]”;
  • Mbu – Monaco – III:21 “Quartetto nuovo” m.Vm.: “P.W.R.”; s.I: 23 NB;
  • Melk, due fonti,
    • III:24, 23, 19, 22, 20, 29, 28, 30, 27, 25, 26, 21 con titolo della raccolta: “Haydn J. Divertimenti”;
    • III:22, copia singola senza titolo;
  • MoBE, Modena, Biblioteca Estense, due copie nell’ordine
    • III:19, 21, 22, 24, 20, 23;
    • III:19, 21, 22, 24, 20, 23;
  • Regensburg– “divertimento I-VI (=III:23, 22, 20, 19, 24, 21);
  • Salzburg-St Peter– III:24: “No. 6 Divertimento” m. Vm.: “Ex rebus Cajetani Antonii Kramer Rethoris 1773”;
  • Seckau,
    • III:19: – “A Quattro in C” – 23 – “A Quattro in B”
    • III:24 – “A Quattro in A”;
  • VzMc, Venezia, Museo Correr, “VI Sonate”;
  • WMfr, Vienna, Gesellschaft der Musikfreunde, diversi quartetti, in due o tre copie, alcune realizzate dal copista NH attorno al 1786;
  • WöNB, Vienna, Biblioteca Nazionale Austriaca,
    • copie nell’ordine dell’edizione Hummel;
    • copie singole di III:19, 20, 21 e 24 (2 copie);
  • Zw[?] – iii:24: (Cat.Nr.65).

Hoboken segnala come esistano fonti italiane dei quartetti op. 9 presso le biblioteche del Conservatorio di Venezia ed Estense Universitaria di Modena. Nella raccolta di quest’ultima sono presenti due copie, entrambe con un ordine dei quartetti diverso da quelli segnati nei cataloghi EK e HV, mentre nessuna informazione è riportata sull’ordine di copia dei quartetti presenti a Venezia.

Tra le fonti citate da Hoboken, pare esistano copie omogenee dei sei quartetti solo presso le collezioni di Harburg, Regensburg, Modena, Venezia, Vienna e Salisburgo. La raccolta di Melk sembra mettere insieme, in un’unica collezione, op. 9 e 17.

 

Le fonti custodite presso la raccolta dei principi Öttighen-Wallestein di Harburg sono datate ca. 1780 (G. Haberkamp, Die Musikhandschriften der Fürstlich Oettingen-Wallerstein’schen Bibliothek. Schloss Harburg, G. Henle Verlag – München, 1976). Hoboken non specifica l’ordine di copiatura dei quartetti e riferisce solo come siano definiti “Divertimenti a 4”. Sono fonti scritte in carta austriaca le cui filigrane, omogenee, raffigurano una corona con due chiavi incrociate. L’ordine di copia corrisponde alla sequenza 19 (do magg.), 23 (simagg), 21(sol magg.), 22 (re min.), 24 (la magg.), 20 (mib magg.), come si ricava dal numero di catena del vecchio inventario della cappella, scritto sui frontespizi, che recitano:

[numerazione progressiva]

In [tonalità]

Divertimento

à 4

Del sigrGius: Haydn

 

Eccetto il secondo quartetto, che potrebbe essere definito fuori posto, la sequenza pare ricalcare quella riscontrata nelle fonti a Modena. Se, infatti, si spostasse il quartetto 23 in sesta posizione, si ricostruirebbe l’ordine delle fonti modenesi 19, 21, 22, 24, 20, 23. Il catalogo della collezione informa che le copie provengono dal lascito von Schaden, messo all’asta nel 1791.

 

Le fonti dell’op. 9 custodite presso il castello di Regensburg (Rtt J. Haydn 109), appartenute alla collezione dei principi Thurn und Taxis, sono ordinate secondo un criterio che non trova corrispondenza in nessun’altra fonte (23, 22, 20, 19, 24, 21).

 Ogni copia è dotata di un frontespizio che recita:

VI quartetti

à

Violino Primo

Violino Secondo

Viola

è

Basso

Del Sgr. Giuseppe Haydn

Divertimento I-VI

 

Sono copie scritte in carta veneziana della ditta Heredi Andrea Fossati datate, analogamente alle sei fonti di Harburg, 1780 ca. (G. Haberkamp, Die Musikhandschriften der Fürst Thurn und Taxis Hofbibliothek Regensburg, G. Henle Verlag – München, 1981, Rtt J. Haydn 109, p. 98).

Hoboken segnala come a Venezia, presso il Museo Correr, sia presente una fonte dell’op. 9, intitolata «VI Sonate». L’indicazione non ha trovato, al momento, riscontro. Nel fondo Giustiniani del conservatorio Benedetto Marcello sono invece presenti, correttamente inventariate, tre copie dell’op. 9; una di esse, incompleta e «In spartito», è costituita solo da alcune battute di violino primo del quartetto III:19 [la fonte è scritta in carta Carlo Samuelli e Compagno (CCS – prodotta verosimilmente nel triennio 1785-87)]. Dette fonti saranno esaminate più avanti.

 

Hoboken indica, correttamente, come presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena esistano due diversi esemplari dell’op. 9, catalogati Mus. D. 159 e Mus. F. 550.

Mus. D. 159 è una fonte costituita da 24 parti separate per strumento, ordinate secondo una numerazione da 1 a 6. Nelle parti di basso di ogni quartetto è presente un frontespizio che recita:

Nro romano progressivo

Quartetti

con

Z Violini

Viola

e

Basso

Del Sigre. Giuseppe Haydn

Frontespizio del quartetto in do magg. III:19 della fonte Mus. D.159.

Nella parte superiore, al centro di ogni fascicolo di basso, è scritto il numero 8, in inchiostro marrone, che indica il numero di bifoli necessari per duplicare ogni quartetto. Tutti i quattro fascicoli sono, infatti, composti da 2 bifoli ciascuno. Accanto alla cifra 8 troviamo, segnato a lapis rosso, la cifra «16», il numero di catena del Catalogo 53.I che accerta la provenienza elettorale.

Sempre nel margine destro di ogni frontespizio è segnata una lettera «A», dal significato al momento sconosciuto. Una delle fonti modenesi dei quartetti op.17 è segnata con la lettera «C». Le lettere «A» e«B» si ritrovano scritte rispettivamente nelle copie delle sinfonie in sibe in mibmagg., di Andrea Luchesi, portata a Dresda da J. G. Naumann (le due sinfonie, segnate «Venezia», sono rispettivamente catalogate D-Dl Mus. 3478-N-1,1 e Mus. 3478-N-1,2). La presenza di dette lettere sembra suggerire un collegamento tra le fonti dei quartetti di Haydn e quelle delle sinfonie di Luchesi.

Nei sei frontespizi è sempre presente il titolo “Quartetto”, mai “Divertimento”. Tutti i fascicoli sono copiati da un unico amanuense che utilizza cinque diversi tipi di carte veneziane, prodotte nel distretto cartario di Salò. Sono carte bambagine di formato Real, le cui filigrane consentono di attribuirle alle seguenti ditte:

Carta prodotta dalla ditta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Avanzini, durante il triennio 1763-65 (Nel link alla Univerität für Musik und Darstellende Kunst in Wien la filigrana utilizzata nel triennio 1763-65 è segnalata come gemella di quella riferibile al triennio 1769-71).

Carta prodotta dalla ditta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Avanzini, durante il triennio 1766-69.

Carta prodotta dalla ditta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Avanzini, durante il triennio 1769-71 (Nel link alla Univerität für Musik und Darstellende Kunst in Wien la filigrana utilizzata nel triennio 1763-65 è segnalata come gemella di quella riferibile al triennio 1769-71).

Carta della ditta VicenzoVicario, prodotta nel triennio 1767-69.

Carta prodotta dalla ditta Gaudenzio Fossati di Toscolano, durante il triennio 1770-72.

I 6 fascicoli delle parti di viola sono copiati in carta GF, 3 fascicoli di violino secondo sono copiati in carta W, il resto è copiato nei tre tipi di carta AS-A. Sembra lecito immaginare che l’amanuense abbia incominciato con la carta AS, con cui furono riprodotti i fascicoli di basso e di violino primo (dalla carta più vecchia alla più nuova); iniziata la copia dei fascicoli di violino secondo, il copista passò alla carta W (più antica della successiva), e terminò il lavoro con le parti di viola, scritte nella carta più recente (GF).

Nel manoscritto sono presenti diverse correzioni a lapis e inchiostro, alcune, verosimilmente, di mano di Andrea Luchesi.

L’intera fonte dovrebbe potersi datare seconda metà del 1770. I sei quartetti op. 9, che la storiografia accetta siano stati composti da Haydn nel 1769, nel 1770 erano già stati ricopiati e la fonte, precocissima, andò col tempo a far parte della collezione della cappella di Bonn.

L’ordine in cui i sei quartetti sono copiati segue una logica per quinte ascendenti, ovvero, do maggiore (19), sol maggiore (21), re minore (22), la maggiore (24), mibmaggiore (20), simaggiore (23).

La seconda fonte dell’op. 9 presente presso la biblioteca Estense è catalogata come Mus. D. 550; si tratta di una collezione costituita da quattro fascicoli strumentali, ognuno dei quali contiene la musica dei sei quartetti, indicati con numero romano.

Ogni fascicolo è dotato di piatto anteriore e posteriore in cartoncino ricoperto di carta “spugnata” marrone e nera. All’interno, la musica è protetta da fogli di guardia non rigati, in carta veneziana Vicenzo Vicario (W), di qualità SOTIMPERIAL. La fonte, “sorella” di quella dell’op. 17 oggi a Modena (Mus. F. 549), era probabilmente anch’essa corredata da una fascetta di egual fattura dove, in un ovale in carta chiara, erano verosimilmente segnate le informazioni archivistiche e un titolo che recitava:

Sei

Quartetti

di

Giuseppe

Haydn

Piatto anteriore del fascicolo di Violino Primo della fonte Mus. F.550 e fac-simile della fascetta dispersa.

La fascetta è oggi, purtroppo, dispersa.

In ogni fascicolo è presente un frontespizio che recita:

N°: VI                          Ultimi

Quartetti

a Due Violini, Viola e Basso

Del Sigr Giuseppe Haydn

// Strumento //

Frontespizio del quartetto in do magg. III:19, fascicolo di Violino Primi della fonte Mus. F.550.

La parola «Ultimi» fa immediatamente pensare a un copista italiano e a una provenienza della fonte dall’Italia. Questa impressione è rafforzata da indicazioni come «Da Capo il Minuetto, Poi Segue Subito» e dall’uso del termine «Violetta», per indicare la viola. L’amanuense copia l’intera fonte su carta veneziana della ditta Francesco Fondrieschi (FF). Questa carta fu prodotta, presumibilmente, nel triennio 1770-72 dalla ditta che, nel 1774, fallì (ASV VSM b.464).

Carta della ditta Francesco Fondrieschi, prodotta nel triennio 1770-72, o precedente.

L’intera fonte dovrebbe potersi datare tra la fine del 1770 e quella del 1771. 

L’ordine in cui i quartetti sono copiati rispecchia l’andamento per quinte ascendenti dell’altra fonte oggi a Modena, ovvero, do maggiore (19), sol maggiore (21), re minore (22), la maggiore (24), mib maggiore (20), sib maggiore (23). Tale aspetto evidenzia una forte relazione tra le due fonti.

La grafia dell’amanuense che copia la collezione dei sei quartetti Mus. F. 550 è stata osservata nei seguenti manoscritti:

Parte di violino primo della sinfonia in mimagg. D-Dl Mus. 3478-N-1,2, di A. Luchesi, scritta da Ven1.

La nazionalità del copista (d’ora in poi Ven1) è stata confermata anche dalle fonti di

  • Gloria, di Ferdinando Bertoni, I-VEafl A. 109/1-41; comp. 1773: due fascicoli di violino primo e secondo;
  • Confitebor a 4, di Ferdinando Bertoni, I-VEafl A. 134/1-12; comp. 1756: fascicoli di violino primo e secondo.

In entrambi i casi, Ven1 lavora con le stesse carte (tipo e rastrografia) utilizzate dagli altri copisti, autori delle rimanenti parti orchestrali e vocali. Sono aspetti che assicurano come il lavoro di Ven1 sia coevo a quello degli altri copisti marciani e confermano, una volta di più, l’origine veneziana. Ven1 è un copista che gravita attorno al teatro san Benedetto, lavora saltuariamente per la cappella Marciana ma anche privatamente. Andrea Luchesi si avvale proprio di Ven1 per divulgare copie vocali e strumentali dei suoi lavori. La presenza nella città lagunare di Ven1 sembra ragionevolmente ipotizzabile dalla fine degli anni ‘50 ad almeno il 1776.

La copia modenese dei quartetti op. 9, di provenienza elettorale, pare essere stata realizzata a Venezia, tra la fine del 1770 e la metà del 1771. Scritta dal copista Ven1 e rilegata a Venezia, fu trasportata a Bonn, probabilmente verso la fine del 1771.

Si potrebbe pensare che la fonte di op. 9 possa essere stata ricavata duplicando Mus. D. 159 (sembrerebbe logico pensare che prima vengano le parti separate per quartetto come Mus. F. 159, poi le collezioni di parti come Mus. F. 550) o, in alternativa, una partitura, ma difficilmente dallo scomparso autografo di J. Haydn. I quartetti, infatti, sono ordinati per quinte ascendenti, non nell’ordine riportato nei cataloghi di Haydn EK e HV. La genesi delle due fonti modenesi dell’op. 9 pare essere comune e, nello stesso tempo, sembra totalmente separata dalle fonti riconducibili al presunto autore.

Ven1, nel duplicare i quartetti dell’op. 9, li segnò come «Ultimi». Poiché la fonte Mus. D.159 non riporta tale indicazione sembra plausibile che qualcuno comunicò al copista questa informazione o che lo stesso abbia copiato una partitura segnata in tal modo. Pare lecito sostenere che, in entrambe le ipotesi, detta informazione non possa essere venuta da Haydn. Dato che nel medesimo periodo Ven1 duplicò anche una fonte dell’op. 17 e segnò i quartetti dell’op. 9 come «Ultimi», sembrerebbe che quest’ultima sia in realtà posteriore a op. 17.

 

Presso il Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, nel fondo Giustiniani (B. 23 n.15), sono presenti, come già anticipato, altre due fonti dell’op. 9.

La prima serie di parti, quella più interessante, è una collezione costituita da quattro fascicoli strumentali, ognuno dei quali contiene la musica dei sei quartetti, indicati con numero romano. Ogni fascicolo è dotato di piatto anteriore e posteriore in cartoncino grigio e presenta un frontespizio che recita:

N°: VI                          Ultimi

Quartetti

a Due Violini, Viola e Basso

Del Sigr Giuseppe Haydn

// Strumento //

Frontespizio del quartetto in do magg. III:19, fascicolo di Basso della fonte Giustiniani B. 23 n.15.

Anche questa copia è scritta da Ven1, coadiuvato nel lavoro da un altro copista veneziano (d’ora in avanti Ven2), che scrive i fascicoli di violino secondo e basso.La grafia di Ven2 è stata osservata ne:

  • Scender può da Giove, aria di A. Luchesi, Conservatoire de musique de Genève (RISM ID no.: 400065829;
  • Sinfonia a 8 parti / Venezia / A.1 in simagg.,di A. Luchesi, D-Dl Mus. 3478-N-1,1, Slub Dresden;
  • I tre amanti ridicoli, di G. Galuppi, F-Pbn FRBNF39755315;
  • Sinfonia a 8 parti/ Venezia / B 1 in mib magg. – solo frontespizio – di A. Luchesi, D-Dl Mus. 3478-N-1,1, Slub Dresden;
  • Coro finale/ 1772 In S. Benedetto Op:a3:a, di G. Gazzaniga, inserito alla fine de Li tre amanti ridicoli di B. Galuppi, I-MOe Mus. F. 441;
  • I tre amanti ridicoli, di G. Galuppi, Bibliothèque National de Paris;
  • Aria cantata da Sig.ra Zamparini/ 1771 In S. Moisè Op:aSd:– “Una sposa poverina, giovinetta è ancor bellina”, di F. Bertoni, I-Vc Giustiniani B.8 n.9;
  • Aria/ 1773 In S. Benedetto Op:aSd:“Se fede costante serbasse l’amante”, di G. A. Naumann, I-Vc Giustiniani B.32 n.13;
  • Recitativo e Aria/ 1773 In S. Benedetto Op:aSd:– “Oh ciel, dunque innocente mori Solimo”, dal Solimano di G. A. Naumann, I-Vc Giustiniani B.32 n.14.
  • Rondò/ cantò il Sig.rMillico/ 1775 In S. Benedetto Op:aSd:– di G. Paisiello, I-Vc Giustiniani B.33 n.3;

Le sinfonie portate a Dresda da J. G. Naumann certificano un contatto diretto tra Andrea Luchesi e i due copisti Ven2, Ven1, che potrebbero anche essere i professionisti di riferimento del musicista. Ottenute le parti separate, Luchesi le verificò, le corresse e autografò la sinfonia in simagg.. Indi, le diede a Naumann che, assieme al Kyrie in re minore, sempre di Luchesi, raggiunse Dresda.

Frontespizio, scritto da Ven2, della sinfonia in sibmagg. di A. Luchesi, segnata «Venezia».

Parte di viola, scritta da Ven2, della sinfonia in simagg. di A. Luchesi, con firma autografa del compositore.

Anche il coro di G. Gazzaniga, aggiunto nella rappresentazione de Li tre amanti ridicoli, data a Bonn nei primi mesi del 1772, sotto la direzione di Andrea Luchesi, conforta nell’individuare nell’italiano il destinatario e proprietario di tale composizione (nelle parti separate de “Li tre amanti ridicoli”, copiate per i diversi ruoli dai copisti della cappella elettorale, ritroviamo il nome di Marianna Turchi. Questa cantante, giunta a Bonn all’inizio del 1772, rescisse il contratto con la corte e rientrò in Italia per ragioni sentimentali nel giugno 1772. Il ruolo di Tranchetta, inizialmente a lei attribuito, fu cantato da Jacobina Solomon). Nello stesso tempo, proprio questo coro pare indicare come i contatti tra Andrea Luchesi, l’ambiente musicale veneziano e i due copisti siano continuati dopo il trasferimento a Bonn.

Tutti i frontespizi della fonte veneziana dell’op. 9 sono realizzati da Ven1.

I quattro fascicoli sono scritti in carta della ditta Francesco Fondrieschi (FF), uguale a quella della fonte modenese. Nel fascicolo di violino secondo sono inseriti due bifoli prodotti dalla cartiera dei Fratelli Vezzoli (FV-A), diretta dal cartaio Avanzini [il coro finale di G. Gazzaniga (1772), l’aria di F. Bertoni (1771) e le parti di cembalo dei «5 concerti» di Anonimo (archivio della biblioteca e Monumento Nazionale di Montecassino – I-MC 1-A-14 a-e), sono scritti nella medesima carta FV-A].

Carta della ditta Fratelli Vezzoli, nella cartiera diretta dal cartaio Avanzini, prodotta nel triennio 1770-72.

Tutta la fonte è coeva a quella modenese, probabilmente realizzata immediatamente dopo, e databile tra la fine del 1770 e la metà del 1771 (pare logico pensare che Ven1 abbia prima usato tutta la carta FF e poi abbia integrato la copia per i Giustiniani con la carta FV-A, un unico foglio – 2 bifoli – forse dovuto a un errore di calcolo). I fascicoli scritti da Ven1 sono quasi delle fotocopie di quelli presenti oggi presso la biblioteca Estense.

L’ordine di copia dei quartetti rispecchia la disposizione delle tonalità per quinte ascendenti delle copie a Modena, ovvero do magg. (19), sol magg. (21), re minore (22), la magg. (24), mimagg. (20), simagg. (23).

La seconda serie di parti è scritta da due diversi copisti, sicuramente veneziani che, probabilmente, duplicano quella scritta da Ven1 e Ven2. Anche in questa fonte, infatti, troviamo l’aggettivo «Ultimi» e il medesimo ordine dei quartetti per quinte ascendenti. La fonte è scritta tutta in carta FCA, della ditta Fratelli Andrioli e Compagni (Toscolano), compatibile con una datazione 1771-73.

Carta della ditta Fratelli Andriolo e Compagni, prodotta nel triennio 1770-72.

Le copie veneziane dei quartetti op. 9, sicuramente tra le più precoci e importanti, dimostrano una provenienza non riconducibile allo scomparso autografo. Esse raccontano come l’op. 9 nacque con un ordine dei quartetti ben definito che Haydn, quando li iscrisse nel catalogo personale, non seguì poiché li organizzò, senza tener conto delle tonalità, nella sequenza “illogica” 22 (la magg.), 19 (do magg.), 21 (re min.), 20 (sol magg.), 23 (mimagg.), 24 (si magg.). L’aggettivo «Ultimi» rende poi plausibile che op. 9 possa essere successiva a op. 17.

L’analisi codicologica della fonti italiane di op. 9 sembra suffragare l’idea che, attorno al 1771, a Venezia, il copista Ven1, coadiuvato da Ven2, sia stato chiamato a prepararne due copie. La principale fu portata a Bonn, la successiva, rimasta a Venezia, fu donata, o venduta, alla famiglia Giustiniani. Ven1 copiò ovviamente le due fonti da un’originale che, in mancanza di altre informazioni, potrebbe essere una partitura dispersa o proprio l’altra copia modenese dei singoli quartetti (Mus. D. 159). Detta fonte pare, infatti, di poco precedente e comunque precocissima, anche accettando la data di composizioni del 1769. Entrambe le fonti giunsero a Bonn e, nel tempo, furono depositate nell’archivio della cappella elettorale. Dopo il definitivo scioglimento della stessa (1794), le due fonti iniziarono un pellegrinaggio tra Austria e Boemia fino al diciannovesimo secolo quando, sempre insieme, ritornarono in Italia, questa volta a Modena.

L’altra copia veneziana scritta da Ven1 e Ven2 rimase ai Giustiniani, che la fecero duplicare forse per precauzione. Poiché Andrea Luchesi fu sicuramente in contatto con i due copisti veneziani e raggiunse Bonn alla fine di novembre 1771, pare lecito pensare che proprio Luchesi abbia portato nella città tedesca le due fonti veneziane dei quartetti op. 9.

Chiedersi come delle fonti dell’op. 9 siano giunte a Venezia attorno al 1770-71 sembra necessario. Se gli indizi sembrano configurare un concreto legame con Andrea Luchesi, la presenza a Venezia del conte Giacomo Durazzo, cognato di Nicola il Magnifico Esterházy e ambasciatore cesareo residente, dalla fine del 1764, potrebbe suggerire una spiegazione diversa. Il conte, ricevuta copia dei quartetti dal cognato, o direttamente da J. Haydn, potrebbe aver incaricato i copisti veneziani di duplicarli per la cappella di Bonn e per la famiglia Giustiniani. Questa ipotesi, a ben vedere, pare insostenibile poiché non offre risposte plausibili ai seguenti quesiti:

  • perché la cappella di Bonn si sarebbe rivolta a referenti veneziani invece che austriaci o allo stesso Haydn;
  • perché il conte si sarebbe rivolto a dei copisti professionisti veneziani, con il rischio di vedere i quartetti “piratati”;
  • perché i quartetti non furono copiati nella sequenza indicata da Haydn nell’Entwurf Katalog;
  • perché i quartetti furono definiti «Ultimi» nelle tre copie veneziane;
  • perché a Bonn giunsero due copie e perché entrambe furono inviate agli Asburgo-Este di Modena nel XIX secolo;
  • perché la copia dei quartetti non è elencata nel regesto notarile della collezione del principe Massimiliano Federico di Königsegg-Rothenfels, redatto dal notaio Fries coadiuvato dall’organista di corte C. G. Neefe (8 maggio 1784).

Supponendo che il conte Giacomo Durazzo abbia diffuso l’op. 9 da Venezia, avrebbe ricevuto una copia dei quartetti nell’ordine indicato da Haydn. In tal caso tutte le copie veneziane avrebbero la sequenza “illogica”, 22, 19, 21, 20, 23, 24. Inoltre, non ci sarebbe stata alcuna ragione per segnare i quartetti come «Ultimi», né la cappella di Bonn avrebbe acquistato due copie quasi coeve. L’eventuale fonte appartenuta al conte Durazzo, dispersa, sarebbe stata la quarta, o forse, la quinta copia dell’op. 9 presente nella città lagunare e Venezia, non Vienna, sarebbe stata il più importante centro di divulgazione della musica quartettistica di J. Haydn. Inoltre, l’acquirente bonnense della fonte di op. 9 sarebbe stato l’arcivescovo Massimiliano Federico di Königsegg Rothenfels e la fonte sarebbe stata elencata nel regesto notarile delle sue proprietà. L’assenza di qualsiasi copia dei quartetti in suddetto documento pare certificare che le due fonti, benché riferibili agli anni 1770-71, non fossero di proprietà né del principe né della cappella, ma appartenessero a un terzo soggetto, plausibilmente identificabile nel Kapellmeister Andrea Luchesi.

Il collegamento tra l’op. 9 di Haydn e le copie veneziane, attraverso il conte Durazzo, sembra non sostenibile. Al contrario, pare confermarsi una stretta relazione tra le copie indipendenti dei quartetti (Mus. D. 159) e quelle veneziane copiate da Ven1 e Ven2 (Mus. F. 550 e B. 23 n.15), e dagli altri due copisti (seconda fonte di B. 23 n. 15); sono le sole fonti che rispettano l’ordine per quinte ascendenti, sicuramente voluto dall’autore. Dalle fonti veneziane giunte a Bonn potrebbe poi risalire, come illustrato in precedenza, quella oggi nella collezione dei principi Öttingen-Wallestein di Harburg, benché il quartetto Hob. III:23 sia “fuori posto”. Un’analisi filologica di queste fonti potrebbe sicuramente svelare altri dettagli concernenti la diffusione, da Venezia, della musica per quartetto intestata, probabilmente solo legalmente, al Kapellmeister degli Esterhazy, ma plausibilmente composta dall’ultimo Kapellmeister della cappella di Bonn.

Immagine: ritratto di J. Haydn.

5 thoughts on “J. Haydn o A. Luchesi? L’analisi codicologica delle fonti dei quartetti Hob. III:19-24, conosciuti come op. 9.”

  1. Ma vi siete presi almeno la briga di ascoltare, suonare e analizzare la MUSICA scritta su quella carta? Paragonata a quella strumentale che conosciamo di Luchesi, e cioè alle sonate e sinfonie risalenti all’incirca allo stesso periodo, sembra scritta da un alieno!

  2. Ma vi siete presi almeno la briga di ascoltare, suonare e analizzare la MUSICA scritta su quella carta? Paragonata a quella strumentale che conosciamo di Luchesi, e cioè alle sonate e sinfonie risalenti all’incirca allo stesso periodo, sembra scritta da un alieno!

    1. Mah… benché l’inizio sia poco promettente (non una presentazione, non una richiesta, solo affermazioni abbastanza facili da confutare, come vedrà) proverò a darle qualche risposta sebbene la prosa, al limite della maleducazione, mi faccia pensare a certi poveretti che il web conosce che attendono risposte dal sottoscritto sul campione della musicologia S. C. Fischer, da loro citato come l’oracolo, forse senza averlo ben letto…

      Ma procediamo con ordine…

      Buonasera sig. Del Vecchio,
      Per prima cosa sarebbe interessante sapere lei chi sia? Sarebbe un appassionato, un ricercatore, un musicista?

      Glielo chiedo per sapere a che grado di precisione spingermi nella darle una risposta… Dall’imprecisione delle sue affermazioni si direbbe che lei non sa nulla di Luchesi, non sa datare né le sue sonate e né sue le sinfonie ma questo non la frena dallo spingersi a paragonarle a quelle scritte da Haydn in un poco preciso arco temporale che lei abbastanza goffamente colloca “all’incirca allo stesso periodo”.

      Sarebbe così gentile da precisare quale sarebbe questo periodo?

      Poi non conosco la categoria musicale estetica “dell’alieno”, concetto che mi sfugge per cui non so cosa dirle…

      Ma che cosa poi non la convince della carta? Carta Canta… e non solo carta…

      Infatti, le aggiungo una piccola chicca che presto o tardi tratterò nella risposta a un certo Artifex che è diventato, grazie al sottoscritto, il massimo esperto di Hob. I:50.

      Nel 1782, come io scrivo, Haydn, non sapeva nemmeno che esistesse la Hob.I:50 e lo dimostra proprio S. C.. Fischer.
      Infatti, tra le sinfonie inviate in Spagna agli Otsuna Benavente, in cui per arrivare al numero prefissato di 12 (se non erro, vado a braccio, tanto anche lei lo fa e comunque in qualsiasi momento saprò meglio precisare le mie affermazioni con tutti i riscontri), Haydn inserisce addirittura un coro, non v’è traccia della HoB. I:50.

      Haydn fino al 1782 non sa nemmeno di averla composta e nessuno ne conosce l’esistenza… salvo a Bonn…

      Magari Hob. I:50 l’ha scritta proprio l’alieno…

  3. Peccato che queste composizioni siano – per stile e qualità – distanti anni luce da quelle contemporanee che conosciamo di Luchesi. Evidentemente non vi siete presi la briga di leggere e analizzare – o ascoltare – con la dovuta attenzione la MUSICA scritta su quella carta, il che non mi sembra affatto trascurabile. Cordiali saluti.

    1. Buongiorno Sig. Del Vecchio,
      vedo che la sua prosa è almeno più gentile e allora le rinnovo la richiesta; quali composizioni di Luchesi lei ha preso a modello per esprimere tale giudizio? Quali composizioni si è preso lei la briga di leggere, analizzare, o ascoltare con la dovuta attenzione per poter esprimere tale giudizio di “distanza anni luce”?

      Nell’attesa della sua cortese risposta le confermo che la copia dei quartetti Op. 9 oggi alla biblioteca estense universitaria, ma anche quelle al fondo Giustiniani, alla Marciana (fondo Canal), sono copie sicuramente veneziane che fanno della città di Venezia il posto più importante di divulgazione dei quartetti di Haydn tra il 1769 e il 1771, guarda caso l’anno in cui Andrea Luchesi si trasferisce a Bonn fino al 1783 quando torna a Venezia (coincidenza?… stranezza?). Durante questo lasso temporale (1771-1783) negli archivi veneziani non giungono più copie dei quartetti di Haydn, e nemmeno di quelli dell’op. 17, copiati a Venezia in un unico esemplare (giunto a Bonn), sempre da Copyist S-Dl 362. A Venezia pertanto nel 1771 esiste un antigrafo dei quartetti op. 17, da cui, contrariamente a quello di Op. 9, è tratta un unica copia, quella che giunge a Bonn.

      Le dirò di più; nel 1770 copyist S-DL 362 copia un duettino di Giuseppe Sarti ma non usa più la carta della ditta Francesco Fondrieschi che ha usato per i quartetti e stranamente per le arie di Luchesi composte nel 1767 e 1768 (se vuole si compri volume I di Andrea Luchesi, Motta di LIv. 1741- Bonn 1801. Il kapellmeister di Ludwig van Beethoven, Prima edizione dell’opera Musicale) ma usa una carta sicuramente, diversa e sicuramente posteriore… I quartetti op.9 composti secondo Haydn nel 1769 (mancanti di autografo), sono “appena composti” ricopiati a Venezia e venduti a Venezia… solo una persona poco intelligente, e non credo lei lo sia, non si farebbe domande e cercherebbe delle risposte, non facili, ma certamente non articolate su categorie, “Distanza anni luce”, “ascoltare la musica”, “lo stile” e soprattutto, “la qualità”… Come se la musica fosse misurabile e le categorie da lei menzionate non fossero meri giudizi soggettivi…

      Cordialmente.

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