Introduzione.
L’esame personale di alcuni testimoni delle sinfonie di J. Haydn, presenti nella collezione dell’Archivio di Palazzo Reale a Madrid (E-Mp), permette di comprendere come vi fossero degli intermediari indipendenti, anche italiani, capaci di fornire copie dei lavori attribuiti al Kapellmeister degli Esterhazy ai diversi acquirenti. La fonte di Hob. I:70 presente nella collezione del Palazzo Reale (E:Mp 811/627), proviene, infatti, da Roma, ed è stata copiata nella bottega del commerciante di musica Gio Batta Concetti. Anche le fonti spagnole delle sinfonie Hob. I:41, 58, 59 e 79 (E:Mp 1061/1967; 813/636; 815/645; 810/625), sembrano lecitamente provenire dalla medesima bottega. La collezione della Biblioteca Estense Universitaria di Modena (I-MOeu), pare confermare quanto osservato nelle fonte spagnole. I manoscritti più antichi delle sinfonie di J. Haydn presenti nella collezione, di certa provenienza elettorale bonnense, sono copiati presso la bottega dei copisti del gruppo A, identificata da A. P. Brown [Carlo d’Ordonez (1734-1786). A Thematic Catalogue, Information Coordinators, 1978]. Detti copisti, di origine viennese, che diversi elementi sembrano indicare come operanti tra il 1765-1774 a Venezia, non hanno alcun legame con la cappella degli Esterhazy, quindi con J. Haydn, benché siano in grado di accedere e divulgare antigrafi di primaria importanza. Membri di detta bottega sono sicuramente i due amanuensi le cui grafie sono identificate da H. C. Robbins Landon (The Symphonies of Joseph Haydn, Universal Edition, London, 1955), come Viennese professional Copyist N. 2 (che S. Fischer ha identificato come il contrabbassista Friedrich Pichelberger), e verosimilmente anche N. 1
Verso gli anni 30 dell’Ottocento, una parte della collezione della cappella elettorale di Bonn è stata inviata presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena. Una parte di questa raccolta è costituita da testimoni delle sinfonie di J. Haydn, ovvero le parti strumentali manoscritte di:
- sei sinfonietti/ scherzando;
- trentotto sinfonie;
- cinque copie di sinfonie in duplo e altre versioni;
- sei sinfonie a stampa (Parigine);
- due sinfonie stampate ed incise (N° 39 e 40);
- una copia della Musica Istrumentale sopra le Sette Espressioni del Nostro Redentore in Croce.
L’ultimo inventario dell’archivio elettorale, verosimilmente compilato dall’8 aprile 1785 al 1792/94, conosciuto come catalogo anepigrafo 53.I-II, giunto a Modena nel solo volume riguardante la musica strumentale, riportava alla voce J. Haydn ottantaquattro sinfonie, ovvero:
- sei sinfonietti/ scherzando;
- cinquantotto sinfonie;
- sei in duplo;
- sei ouvertures, manoscritte;
- sei a stampa (Parigine);
- due sinfonie stampate ed incise (N° 39 e 40);
- una copia della Musica Istrumentale sopra le Sette Espressioni del Nostro Redentore in Croce.
L’inventario dimostra come la cappella diretta da Andrea Luchesi seguì sempre con molta attenzione la musica sinfonica, ma anche quella per quartetto (il catalogo anepigrafo 53.I riporta anche 56 quartetti), di J. Haydn. L’interesse della cappella elettorale di Bonn alla musica strumentale del Kapellmeister degli Esterhazy è confermata anche dall’importante collezione di sinfonie e quartetti appartenuta al consigliere von Mastiaux (dispersa), e dai lavori composti dal dilettante Ferdinan D’Anthoine (tutti dispersi), scritti nello stile di Haydn (cfr. C. G. Neefe, comunicazione al Magazin Der Musik di C. F. Cramer a Lipsia – 1783).
Il catalogo storico 53.I sembra anche evidenziare come
- presso l’archivio elettorale non figurarono mai sinfonie di J. Haydn precedenti quella catalogata secondo il numero d’opus 13 a quattro corni e timpani;
- delle fonti vendute dalla bottega di Gio Batta Concetti, a Roma, la sola anticamente presente nella raccolta della cappella di Bonn fosse una seconda versione di Hob.I: 70, comprensiva di minuetto. Per qualche ragione le sinfonie Hob.I: 41, 58, 59 e 79 non fecero mai parte della collezione della cappella palatina di Bonn.
H. C. Robbins Landon ha esaminato i testimoni delle sinfonie di J. Haydn, cui ha dedicato l’intera Appendix I; l’approccio filologico seguito, ma anche embrionalmente codicologico, ha portato a dedicare scarsa attenzione ai testimoni modenesi che, spesso, non sono state descritti approfonditamente. Gli studi codicologici legati alle carte bambagine veneziane e alla grafia dei copisti suggeriscono di approfondire l’analisi delle copie modenesi, partendo proprio da quella che pare essere la prima sinfonia attribuita a J. Haydn presente nel catalogo della raccolta elettorale. I risultati raggiunti sembrano in grado di invertire totalmente quelli forniti dagli strumenti cari alla filologia e portare ad una centralità dei testimoni italiani che non possono evitare di mettere in discussione la stessa paternità della sinfonia.
H. C. Robbins Landon. I testimoni della sinfonia n.13.
Robbins Landon Seganala subito come i Timpani, aggiunti nell’autografo in una grafia sconosciuta, siano presenti anche nel testimone di Harburg. Dato che la parte dei timpani è segnata in entrambe le fonti in C e G (i. e. trasposte) che sarebbe contraria ai comportamenti usuali di Haydn, l’autore la considera «probabilmente non autentica». La maggior parte dei testimoni più antichi, non presenta la parte di fag. presente in quello della raccolta di Göttweig (collezione di Erzherzog Rudolf).
- Autografo, EH, cat. Mus. Ms. I, No. 24; fotografia a Washington; titolo: [Sinfonia.] In Nomine Domini. Giuseppe Haydn. / 763.’ 48 pagine, 4°, 22,5 (23) X 35 (36) cm.; provenienza della carta: cartiera di Esterházy, Lockenhaus (filigrana: II, 1). Strumenti: ‘Flauto / Corni Ex D 1mo et secondo / Corni 3, 4to / oboe 1mo / 2do/ Violino 1mo / 2do / Viola / Basso / [aggiunto dopo, non da Haydn:] Timpano’; 2ndo mov.: ‘Corno e Oboe, Flauto tacet’; instr.: ‘Violoncello solo’ / Violino 1mo/ 2do/ Viola / Basso’; il manoscritto presenta alla fine di ogni rigo del finale dei movimenti, alcuni abbellimenti floreali nella grafia di Haydn. Alla fine del MS.: ‘Laus Deo’.
- Parti MS. di copista professionista Viennese No. 1, Gesellschaft der Musikfreunde (collezione del Kaiser) cat. XIII, 19071; a) parti di vla., vcl., fl., ob. I, II, cor. I–III & bass in carta oblunga italiana (filigrana I, 1, 7, 15); b) parti di cor. IV e dupl. vln. I & II, l’ultimo redatto da un altro copista, in carta Veneziana oblunga (filigrana: I, 18, 19); fonte di origine Viennese. Nella parte finale del vcl. c’è la curiosa scritta: ‘diese notten hat mir mein Schicksahl verschaffet[,] denn der Monsieur NB’ (qui la scritta si interrompe; ‘Monsieur’ scritto in latino, il resto in tedesco). Data del MS.: c. 1765-75 (?). No parte di timpani.
- Parti MS. Harburg, cat. III, 4 ½,fol. 814; carta italiana in 4° (filigrana I, 1, 4, 24); fonte di origine Viennese, c. 1770-80 (?). Con parte di timpani.
- Parti MS. Herzogenburg; carta di origine sconosciuta in 4°; fonte di origine locale c. 1770. Le parti per vln. I e vla., sostitutive del solo di vlc. nel 2no. mov., appaiono scritte successivamente. No parte di timpani.
- Parti MS. Melk; […] fonte di origine locale. Nel catalogo di Melk questo MS. è riportato con la data 1782 (la copertina della fonte è stata distrutta): questa rappresenta la data di acquisizione della fonte a Melk. ‘Clarino Primo in D’ e ‘Clarino Secondo in D’ sostituiscono cor. III e IV. No parte di timpani.
- Parti MS. Lambach; carta Italiana in 4° (filigrana I, 1, 5, 7); la parte originale di vln I è dispersa e la sostituta è fatta con carta di Kremsmünster; origine della fonte: Viennese (o locale? – ci sono tracce che Lambach ordinava carta Italiana da Vienna per certa sua musica); le parti di due trombe (‘Clarino’) sostituiscono cor. III e IV. No parte di timpani.
- Parti MS. Kremsmünster; cat H 3, 36; carta di Kremsmünster in 4° (filigrana III, 6); fonte di origine locale; le parti di due trombe sostituiscono i cor. III e IV. No parte di timpani. Tempo del minuetto: ‘Maestoso’.
- Parti MS. Kremsmünster; cat H 4, 43; carta di origine sconosciuta in 4° (filigrana grande fiore di giglio); fonte di origine: ? Le parti dei cor. III e IV sono omesse totalmente (il frontespizio recita: ‘2 Corni’); data del MS.: seconda metà del XVIII secolo. No parte di timpani.
- Parti MS. GdM (Collezione Kees?), cat XIII, 19071; carta sconosciuta in 4°; fonte Viennese; la parte di vln. I è dispersa; dupl. vln. II e basso in altra carta posteriore (filigrana: grande uomo con mazza in mano); data del MS. 3° (4°?) quarto del 18° secolo. No parte di timpani.
- […]
- Parti MS. Göttweig (collezione di Erzherzog Rudolf, la più parte presso la GdM) […]; carta Italiana in 4° (filigrana I, 1, 12, 19, 25); origine della fonte: Viennese, c. 1800 (?). No parte di timpani.
Fonti addizionali manoscritte: (12) Modena, (cat. D. 142, con ‘Tymp[ani]’, parte dispersa); […]; (14) Biblioteca Antoniana, Padova: collezione di 6 sinfonie, Num. 39, 22, 58, 38, 29, 13, con parti per 2 ob., 2 cor., e archi, in carta italiana (filigrana: lettere ‘WM’ e tre stelle in uno scudo coronato – cfr I, 20 [filigrana GF della cartiera di Gaudenzio Fossati]). 4toquarto del 18° secolo».
I testimoni descritti da Robbins Landon dimostrano come una parte di timpani fosse, quando H. C. Robbins Landon scrisse il proprio lavoro, presente solo presso le collezioni della Öttingen Wallersteinische Bibliothek di Harburg; quella indicata nel frontespizio del testimone presente nella collezione della biblioteca Estense Universitaria di Modena era, infatti, dispersa. RISM segnala oggi anche la presenza di un testimone con 2 corni, 2 clarini e timpani, custodito nella collezione del Landesarchiv Thüringen di Rudolstadt (D-RUI – RISM ID. no: 200044107), ma la descrizione fornita (origine locale), e la datazione indicata (1700-1799), non offrono elementi utili a una migliore comprensione. Il testimone modenese, catalogato tra quelli secondari, non è descritto né datato da Robbins Landon. Lo è invece quello presso la collezione della Biblioteca Antoniana di Padova, grazie alle informazioni fornite dal Prof. Jean la Rue, che l’autore correttamente riporta.
Robbins Landon segnala come i
«Timpani [siano] aggiunti nell’autografo in una grafia sconosciuta: identica parte di timpani nella fonte di Harburg. Dato che la parte dei timpani è segnata in entrambe le fonti in C e G (i. e. trasposte) che è contraria ai comportamenti usuali di Haydn, è probabilmente non autentica».
Anche il catalogo Hoboken segnala come
«la parte di timpani è aggiunta nell’autografo da una mano contemporanea, ma apparentemente diversa; detta parte manca nella maggior parte delle copie. Al contrario, ci sono spesso 2 corni e 2 trombe invece dei 4 corni».
L’edizione Critica Joseph Haydn Werke.
J. Haydn scrive pertanto un autografo senza la parte di timpani che qualcuno, non l’autore, inserì solo successivamente. Detta parte, uguale a quella ritrovata nel testimone presente preso la collezione della Öttingen Wallersteinische Bibliothek di Harburg, è definita da Robbins Landon non autentica, poiché le tonalità indicate non corrisponderebbero agli usi di Haydn. Nonostante tale riflessione e, forse, con poca coerenza, proprio H. C. Robbins Landon ha indicato i timpani nell’edizione della partitura da lui curata, in cui inserisce una possibile parte di cembalo, mai osservato nelle fonti direttamente visionate.
L’approccio filologico seguito da Robbins Landon sembra avergli consigliato, coerentemente, di concentrare l’attenzione sui testimoni austriaci, data la vicinanza al compositore. Seguendo tale logica e privilegiando l’esistenza dei quattro corni, il testimone più importante sembrerebbe essere quello custodito nella collezione della Gesellshaft der Musikfìreunde, definito di origine viennese; seguirebbero poi le copie di Harburg, quelle in cui due clarini sostituiscono i corni III e IV (Herzogenburg – 1770 ca. – e Melk – 1782), e, da ultime, i testimoni in cui i corni III e IV sono omessi (Lambach, le due di Kremsmünster, la seconda presso la Gesellshaft der Musikfìreunde e quella di Göttweig).
Applicando l’analisi codicologica ai testimoni segnalati da Robbins Landon, integrata con i contributi di alcuni autori (D. C. Blazin, Michael Haydn and “The Haydn Tradition”. A Study of Attribuition, Chronology, and Source Transmission, Dissertation New York University, 2004), e la personale osservazione di alcuni di essi (Narodní Muzeum di Praga – fondo Clam Gallas – Gesellshaft der Musikfreunde di Vienna, Universitätsibliothek di Augsburg e Estense Universitaria di Modena), si ottiene una genealogia incentrata sugli organici e, soprattutto, sulle carte utilizzate per la scrittura dei fascicoli strumentali, il cui ordine è, per certi versi, totalmente invertito.
L’analisi codicologica delle fonti della sinfonie in re magg. Hob. I:13.
La fonte alla Gesellschaft der Musikfreunde, priva della parte di timpani, è scritta dal copista viennese identificato da Robbins Landon come N°1, in carta Antonio Seguito Toscolano, prodotta nella cartiera diretta dal cartaio Avanzini (AS-A – triennio 1766-68). I duplicati dei violini, ma anche il corno IV, sono scritti, invece, in carta della ditta Gaudenzio Fossati di Toscolano (GF – triennio 1770-72), sia da N°1 che da un altro copista. Nella fonte non è presente alcun duplicato della parte di basso. Dato che anche il fascicolo di corno IV e un duplicato di violino sono scritti da N°1, la fonte alla Gesellschaft der Musikfreunde sembra lecitamente databile 1771 ca..
Carta prodotta dalla ditta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Avanzini, durante il triennio 1766-69.
Carta prodotta dalla ditta Gaudenzio Fossati di Toscolano, durante il triennio 1770-72.
L’analisi delle carte filigranate veneziane in cui è scritta la fonte consente di affermare che, anche accettandone l’origine viennese (la Gesellschaft der Musikfreunde custodisce fonti di diversa provenienza, tra cui una copia della sinfonia Hob. I:63 Roxelane, di certa provenienza Bonnense – A-WGdM 19063), la prima fonte superstite della sinfonia Hob. I:13, in grado di essere duplicate per la vendita, sarebbe apparsa dopo il 1770.
Quanto al copista N°1, il manoscritto della sinfonia attribuita a Carlo d’Ordonez BroO ID7, presente nella collezione del Narodní Muzeum di Praga (collezione Waldstein, proveniente dal castello di Doksy – RISM ID. no: 550040291), è scritta da Copyist 1 e Copiyst 2 (entrambi appartenenti al Gruppo A), e proprio da N°1. Anche tale copista parrebbe far parte della Bottega del Gruppo A e la fonte di Hob. I:13, oggi alla Gesellschaft der Musikfreunde, potrebbe non avere origine viennese, né austriaca. Se così fosse, e paradossalmente, tra il 1765 e i primi anni ’70 non vi sarebbe alcuna fonte che possa giustificare la presenza a Vienna di intermediari in grado di divulgare le sinfonie di J. Haydn.
Grafia di Copyist 1 presente nella fonte modenese manoscritta di KimH Bb3 – I-MOeu Mus. D. 180.
Grafia di Copyist 2 presente nella fonte praghese manoscritta di BroO I:A8 – CZ-Pnm XXII E 13 (Proveniente dall’archivio di J. Pachta).
Grafia di copista N°1 presente nella fonte praghese manoscritta di BroO I:D7 – CZ-Pnm XXXIV B 154 (Proveniente dall’archivio dei conti Waldstein di Doksy).
Robbins Landon riporta come, nel fascicolo di violoncello della sinfonia Hob. I:13, copiato in carta AS-A, il copista N°1 abbia vergato la frase sibillina «diese notten hat mir mein Schicksahl verschaffet [,] denn der Monsieur NB»; l’autore non riporta invece l’esistenza di una strana decorazione, scritta nell’ultimo pentagramma presente nel verso dell’ultima carta del fascicolo di violino primo. In questa sorta di ghirigoro, fatto probabilmente per cancellare una precedente segnatura, è però intuibile una scritta, parzialmente distorta dai segni aggiunti, in cui sembrano potersi ancora distinguere le lettere «D Luc eße A».
Ricostruzione della segnatura presente nel fascicolo di Violino I della fonte alla Gesellschaft der Musikferunde cat. XIII 19071.
Il testimone presente nella collezione del Benediktinerstift Musikarchiv di Lambach (A-LA – RISM ID. no: 60300112), pur privo dei corni III, IV e dei timpani, sembra ragionevolmente precedere quello della Gesellschaft der Musikfreunde. Robbins Landon lo descrive come copiato in carta AS-A (non è purtroppo comprensibile quale tipo di carta AS-A sia), ma D. C. Blazin (Michael Haydn and “The Haydn Tradition”: A study of Attribution, Chronology, and Source Trasmission, Dissertation, N. York University, 2004), segnala come sia presente nel testimone anche la carta Carlo Samuelli e Compagni di Toscolano (CCS-M – triennio 1767-69).
Carta prodotta dalla ditta Carlo Samuelli e Compagni di Toscolano, nella cartiera diretta da P. Maffizoli, durante il triennio 1767-69.
Si tratta della carta prodotta nella cartiera diretta da P. Maffizoli, allorquando, dopo più di un decennio, il cartaio cessò la collaborazione con la ditta Antonio Seguito, per passare sotto le dipendenze di Carlo Samuelli. Il testimone sarebbe allora databile, per lo meno, post 1767/68-72. Che la carta Antonio Seguito o la Carlo Samuelli e Compagni provenisse da Vienna, come ipotizza Robbins Landon, pare secondario e solo un’analisi filologica potrà confermarne la provenienza viennese. Nel testimone del Benediktinerstift Musikarchiv di Lambach, in base alla descrizione fornita da Robbins Landon, il fascicolo di violino primo, quello, probabilmente, in cui era copiato il frontespizio, sarebbe disperso e sarebbe stato sostituito con uno nuovo, non omogeneo al resto delle parti, scritto in carta di Kremsmünster (probabilmente da un copista locale).
Il testimone presente nella collezione della Öttingen Wallersteinische Bibliothek di Harburg (D-HR – RISM ID. no: 430024384, datata 1770 ca.), oggi custodito presso la Universitätsibliothek di Augsburg, contempla una parte di timpani, identica a quella aggiunta all’autografo J. Haydn. Robbins Landon la descrive come scritta in carta Pietro Samuelli REAL; la presenza in filigrana della parola REAL (indicativa della qualità e dimensione del foglio), assicura come la fonte sia posteriore al 1774. Il 28 novembre 1774, infatti, fu emanato il 7° proclama dei V Savi alla Mercanzia ed Inquisitore alla carta che sancì l’obbligò d’iscrizione nel foglio del genere della carta in filigrana (Archivio di Stato di Venezia –ASV – busta Inquisitore alle Arti – IA 23). La presenza di una parte di timpani potrebbe, in assenza di altre fonti, far ipotizzare come la cappella di Harburg non abbia ricevuto una copia della sinfonia tratta dall’autografo di Haydn e come si sia optato per copiare anche i timpani “non originali”.
La visione personale del testimone ha permesso di meglio comprendere il valore di detto testimone. I diversi volumi/fascicoli delle parti strumentali, sono scritti da due amanuensi (probabilmente viennesi), in carta Pietro Samuelli di Toscolano (PS – triennio 1782-84). Nessun duplicato degli archi fa parte del testimone, aspetto che suggerisce come detta sinfonia possa non essere mai stata suonata.
Carta prodotta dalla ditta Pietro Samuelli di Toscolano, durante il triennio 1782-84. Vedi anche A. Tyson, Series X/33, Abt. 2: Catalogue of Watermarks. Critical report, Wasserzeiken 80, Vienna 1785.
Il testimone è ragionevolmente databile 1783-85, e sembrerebbe avere una provenienza legata all’edizione parigina di De Silly, del 1778 ca., completa della parte di timpani.
Il testimone presente nella collezione dell’Augustiner Chorherrenstift Bibliothek und Musikarchiv di Herzogenburg (A-H), ha, secondo Robbins Landon, delle parti di violino e viola, sostitutive del solo di violoncello nel secondo movimento, che possono essere il risultato del lavoro del Kapellmeister locale. La copia, priva di del volume/parte strumentale di timpani, sarebbe scritta in carta sconosciuta e di origine locale. La datazione proposta è 1770 ca..
I due testimoni presenti nella collezione del Benediktinerstift Musikarchiv di Kremsmünster (A-KR – RISM ID. no: 600172941-2), sono, verosimilmente, uno la copia dell’altro. Il primo (H 3/36), con i volumi/parti strumentali di due clarini sostitutivi dei corni III e IV è datato 1775 ca.; il secondo (H 4/43), che RISM segnala «identisch mit Manuskript H 3/36», indicato solo con 2 corni, e datato 1780 ca..
Un testimone di Hob. I: 13 , non descritto da Robbins Landon, è presente nel fondo proveniente dal castello di Frydlant, dei conti Clam Gallas, oggi nella collezione del Narodní Muzeumdi Praga (CZ-Pnm – RISM ID. no: 551007215). la copia, con quattro corni, è scritta da un unico copista su diversi tipi di carta Antonio Seguito Toscolano, fabbricata nella cartiera diretta da Fratelli Avanzini (AS-A prodotta nei trienni 1763-65, 1766-68, 1769-71 e 1772-74).
Carta prodotta dalla ditta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Avanzini, durante il triennio 1763-65 (Nel link alla Univerität für Musik und Darstellende Kunst in Wien la filigrana utilizzata nel triennio 1763-65 è segnalata come gemella di quella riferibile al triennio 1769-71).
Carta prodotta dalla ditta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Avanzini, durante il triennio 1766-69.
Carta prodotta dalla ditta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Avanzini, durante il triennio 1769-71.
Carta prodotta dalla ditta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Avanzini, durante il triennio 1772-74 (RISM ID. no: 551007215).
La presenza dell’ultima carta prodotta dalla ditta prima del fallimento, intervenuto nel 1775, rende il testimone databile 1772 ca.. é una copia realizzata interamente da quello che P. Bryan identifica come Copyist no. 2, autore di molti manoscritti presenti nella medesima collezione attribuiti a J. K. Vanhal (BryV Eb2) ma anche A. Filz, F. L. Gassmann, J. A. Hasse, L. Hofmann, N. Piccinni, J. Stamitz. Il testimone praghese della sinfonia Hob. I: 13 sembrerebbe precedere quelli di alcuni archivi austriaci e tedeschi.
Sulla base degli elementi codicologici (carte filigranate veneziane e grafie dei copisti), la cronologia dei testimoni sembrerebbe essere:
- Benediktinerstift Musikarchiv di Lambach, 2 corni, no timpani, con parte originale di violino I dispersa e sostituita da un nuovo fascicolo in carta di Kremsmünster, di origine ignota, databile post 1768;
- Gesellschaf der Musikfruende (origine viennese?), 4 corni, no timpani, databile 1770-71 ca.;
- Augustiner Chorherrenstift Bibliothek und Musikarchiv di Herzogenburg, ? corni, no timpani, di origine ignota, databile 1770 ca.;
- Narodní Muzeum di Praga, collezione Clam Gallas, 4 corni, no timpani, di origine presumibilmente viennese, databile 1772 ca.;
- Benediktinerstift Musikarchiv di Kremsmünster, 2 corni, 2 clarini, no timpani, di origine presumibilmente viennese, databile 1775 ca.;
- Benediktinerstift Musikarchiv di Kremsmünster, 2 corni, no timpani, di origine presumibilmente viennese, databile 1780 ca.;
- Benediktinerstift Musikarchiv di Melk, 2 corni, 2 clarini, no timpani, segnata 1782 (data di acquisizione?), di origine presumibilmente viennese;
- Öttingen Wallersteinische Bibliothek di Harburg, 4 corni, timpani, datata 1770 ca., di origine forse francese, databile 1783-84;
- – altre fonti.
La copia della sinfonia Hob. I:13 presente nella collezione della Biblioteca Estense Universitaria di Modena
Il testimone custodito presso la Biblioteca Estense Universitaria, catalogato Mus. D. 142, presenta un frontespizio in grafia del copista R:Z:.
Frontespizio della sinfonia Hob. I:13 scritto da Copista R:Z:.
In esso sono indicati sia i 4 corni che i timpani. Una segnatura successiva, «Infet Corno I°, 3 et 4», informa come siano da considerare disperse le parti dei corni I, III e IV; F. Bugani (Musica e Teatro in un archivio di Frammenti del Sette e Ottocento, in Quaderni Estensi I – 2009/0), segnala correttamente come la fonte sia mutila, non solo della parte di timpani, corno I, III e IV, ma anche di quelle di flauto concerto e oboe II ( e forse oboe I). Le parti strumentali superstiti sono copiate in carte veneziane delle ditte Antonio Seguito Toscolano (AS-M, triennio 1764-66), e Fratelli Andriolo e Compagni (FCA, triennio 1767-69). Il primo bifolio del fascicolo di basso (fasc. 1, cc. 1 e 5), è scritto in carta, disomogenea al restante bifolio e mezzo (AS-M), in cui l’unica filigrana visibile sono le tre lune (selenometria 77/17 mm). Un secondo fascicolo di basso (fasc. 9 cc. 36-40), posteriore, è scritto in carta della ditta Valentino Galvani di Pordenone (VG, triennio 1770-72).
Carta prodotta dalla ditta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta da P. Maffizoli, durante il triennio 1764-66.
NMA X/33 Abt. 2: Catalogue of Watermarks · Pictures, Tyson 1992, Wasserzeichen 9, Wien 1768.
Carta prodotta dalla ditta Valentino Galvani di Toscolano, durante il triennio 1770-72.
La fonte è sicuramente copiata dai copisti della Bottega del Gruppo A:
- Copyist 1 scrive i fascicoli di oboe I (disperso?), corno II, e i due bifoli interni della parte di basso;
- Copyist 2 scrive i fascicoli di violino I, II, e violoncello obbligato;
- un copista non identificato scrive i duplicati dei violini;
- un altro copista non identificato scrive il duplicato del basso;
- F:Z: scrive il frontespizio e riscrive la musica nel primo bifolio del fascicolo di basso.
Musica copiata da F:Z:, c. 1v, e da Copyist 1, c. 2r, nel fascicolo originale di basso.
Grazie al contributo di F. Bugani, la fonte è da integrare con I-MOeu Framm. 17 (fascicoli di corno I, III e IV, traverso concerto, timpano), e con Framm. 20 (fascicolo di oboe II). Dette parti strumentali, scritte tutte in carta Antonio seguito di Toscolano (AS-M, triennio 1764-66), sono opera di
- Copyist 1 scrive i fascicoli di oboe II, corno I, III, IV e tympano;
- Copyist 2 scrive il fascicolo di traverso concerto;
Parte di Tÿmpani copiata da Copyist 1, del primo Movimento All. Molto.
Parte di Traverso Concerto, cc. 1r., e primo Movimento All. Molto, cc. 1v. copiata da Copyist 2.
Il nucleo originale delle parti strumentali è pertanto interamente scritto in carta Antonio Seguito (AS-M), associata a 2 bifolii di carta Fratelli Andriolo e Compagni (FCA), e a un solo bifolio in carta non identificata, quello utilizzato da F:Z: per riscrivere musica e frontespizio nel fascicolo originale di basso. L’analisi codicologica della fonte, in base alle carte veneziane del nucleo originale, suggerisce una datazione 1767-1769.
Si tratta, indubbiamente, della fonte più antica della sinfonia che sembrerebbe dimostrare come i timpani siano sempre stati inseriti nell’organico dal vero compositore. L’autografo di J. Haydn, privo della parte dei timpani, aggiunti in seguito in grafia diversa, definiti da Robbins Landon non autentici, non può essere l’antigrafo da cui fu tratta il testimone oggi a Modena della sinfonia Hob. I:13. La fonte oggi alla Biblioteca Estense Universitaria pare essere tratta lecitamente da un antigrafo diverso, completo della parte di timpani, duplicata dai copisti della bottega del gruppo A.
La visione personale dell’autografo confermare l’esistenza di un antigrafo, da cui fu tratto il testimone oggi presente presso la collezione della Biblioteca Estense Universitaria di Modena, non riconducibile all’autografo del presunto autore. Diverse sono infatti le varianti riscontrate dall’esame comparto dei due manoscritti tra cui:
- violini II: I mov. All.o Molto, misura 9; non all’unisono con violini I;
- corno III: Minuetto, misura 1; all’unisono con corni IV mentre nell’autografo suona con corno I e II;
- corno IV: minuetto. misura 34; come corno III mentre nell’autografo manca la duina;
- dinamiche dei fiati più complete e diverse dall’autografo;
- figurazioni ritmiche a volte diverse dall’autografo;
La presenza di una misura in più (6), copiata da Copyist 1 nel volume/parte strumentale di oboe II, mai corretta, sembra suggerire come il testimone oggi a Modena, di provenienza elettorale, sia una copia d’archivio mai eseguita. V’è poi da notare come negli archivi della cappella degli Esterhazy manchino anche delle parti strumentali, forse disperse negli incendi, che possano testimoniare o rendere plausibile l’esecuzione della sinfonia. Allo stato delle cose negli archivi collegati a J. Haydn esiste solamente una partitura autografa, completata posteriormente con una parte di timpani, e una mera ipotesi che esistessero delle parti orchestrali.
La cronologia delle fonti fornita dall’analisi codicologica (carte filigranate veneziane e grafie dei copisti), sembra ragionevolmente essere la seguente:
- Biblioteca Estense Universitaria di Modena, 4 corni, timpani, copiata nella bottega dei copisti del gruppo A, con frontespizio sostituito in grafia di R:Z: (1770-71 ca.), databile 1767-69;
- Benediktinerstift Musikarchiv di Lambach, 2 corni, no timpani, con parte originale di violino I dispersa e sostituita da un nuovo fascicolo in carta di Kremsmünster, di origine ignota (?), databile post 1768;
- Gesellschaf der Musikfruende (la cui provenienza non è chiara, ma legata presumibilmente alla bottega dei copisti del Gruppo A), 4 corni, no timpani, databile 1771 ca.;
- Augustiner Chorherrenstift Bibliothek und Musikarchiv di Herzogenburg, ? corni, no timpani, di origine ignota, databile 1770 ca.;
- Narodní Muzeum di Praga, 4 corni, no timpani, di origine presumibilmente viennese, databile 1772 ca.;
- Benediktinerstift Musikarchiv di Kremsmünster, 2 corni, 2 clarini, no timpani, databile 1775 ca.;
- Benediktinerstift Musikarchiv di Kremsmünster, 2 corni, no timpani, di origine presumibilmente viennese, databile 1780 ca.;
- Benediktinerstift Musikarchiv di Melk, 2 corni, 2 clarini, no timpani, di origine presumibilmente viennese, segnata 1782 (data di acquisizione?);
- Öttingen Wallersteinische Bibliothek di Harburg, 4 corni, timpani, datata 1770 ca., di origine presumibilmente francese, databile 1783-84.
Detta cronologia, che non contempla l’autografo di Haydn, assume come il più antico testimone della sinfonia in re magg., intestata a J. Haydn, fosse presente presso la cappella diretta da Andrea Luchesi; detto testimone proviene sicuramente da un antigrafo non riconducibile all’autografo del presunto compositore.
Il primo bifolio sostituito nel fascicolo originale di basso della sinfonia Hob. I:13, scritto attorno al 1771, pare suggerire come in quegli anni si dovette intervenire sul manoscritto per un motivo forte, tanto da lasciare tracce concrete dell’alterazione. Non sembra possibile pensare all’usura o alla casualità poiché il testimone sembra lecitamente essere una fonte d’archivio mai suonata; inoltre tracce di un intervento analogo si notano anche sui testimoni di:
- Hob. I: 22 (I-MOeu Mus. D. 145), coevo a quello di Hob. I:13, copiato sempre nella bottega del gruppo A, dai medesimi copisti e con le stesse carte;
- Hob. I:31 (I-MOeu Mus. D. 143), copiato sempre nella bottega del gruppo A, dai medesimi copisti e con le stesse carte;
- KimH Bb2 (I-MOeu Mus. D. 179), con frontespizio scritto sulla parte di basso, copiato da altra mano;
- KimH Eb1 (I-MOeu Mus. D. 179), con frontespizio scritto su nuovo fascicolo di basso, scritto in carta Vicenzo Vicario di Toscolano (W, triennio 1770-72), e la creazione di un duplicato di basso coevo, scritto in carta Valentino Galvani di Pordenone (VG, triennio 1770-72);
L’analisi delle carte filigranate veneziane palesa come detti testimoni, attorno al 1771, furono oggetto di un intervento; il copista R:Z: asportò il primo bifolio del basso, riscrisse il frontespizio e fu costretto a riscrivere anche la musica eliminata, o scrisse un nuovo frontespizio, non coevo al resto delle parti. Le menzionate copie, riferibili sicuramente agli anni ’60, modificate attorno al 1771, giunsero in seguito tutte a Bonn.
Presso la Biblioteca Estense Universitaria sono custoditi altri testimoni che parrebbero in grado di confermare, attorno al 1771, la necessità di interventi sulle parti strumentali manoscritte delle composizioni attribuite a J. Haydn e altri autori.
I testimoni dei 6 Scherzando Hob. II.33-38 (versione in cui Hob. II:37 è in tonalità di do magg. – non in re magg. – presente solo nelle collezioni del Benediktinerstift Musikarchiv di Lambach, Göttweig e Seitenstetten), catalogate Mus. F.552, sono scritti interamente dal copista F:Z:. Si tratta di parti strumentali in carta Faustin Calcinardi di Toscolano, fabbricata nella cartiera diretta dal cartaio Calappi (FC-C, triennio 1767-69), ma anche in carta austriaca (?), con filigrana rappresentante un aquila e una A. Nel frontespizio del sinfonietto in re magg., sono presenti le segnature, «Coll.» e «Suma 52 : 50 f», plausibilmente interpretabili come «Collezione» e «50 fogli». Poiché l’insieme dei volumiparti orchestrali assomma proprio a 50 fogli, ma non sono indicati con il sostantivo Bögen, bensì con la sola lettera «f», dette segnature fanno pensare a una provenienza italiana. Nel testimone è presente anche un volume/parte strumentale di basso del sinfonietto in re magg., scritta in carta Antonio Seguito prodotta da P. Maffizoli (AS-M, triennio 1764-66). Pare lecito pensare che sia ciò che rimane di un testimone precedente, sostituito attorno agli anni 1770-71 da quello interamente scritto da R:Z:.
Dall’Italia, sicuramente da Venezia, provengono poi i testimoni modenesi dei quartetti Hob. III:19-24 e 25-30, catalogati come Mus. F.550 e Mus. F.549; sono 4 volumi/parti strumentali per ogni serie di quartetti, copiati sicuramente da un copista veneziano, la cui grafia si ritrova nelle fonti delle sinfonie di Andrea Luchesi in sib e in mib magg., portate a Dresda da J. G. Naumann, al più tardi nel 1768. Il copista veneziano fu sicuramente in contatto diretto con Luchesi poiché le parti strumentali di dette sinfonie furono corrette e autografate proprio dal compositore veneziano. I testimoni veneziani dei quartetti Hob. III:19-24, 25-30, sono però leggermente posteriori a quelli, anch’essi presenti nella Biblioteca Estense Universitaria, catalogati come Mus. D. 159 e Mus. D. 161. Si tratta dei volumi/parti strumentali dei quartetti III:19-25 e del solo quartetto superstite III:29. Nel volume/fascicolo di basso di quest’ultimo sono presenti le iniziali del copista autore della copia, «F:H:», la cui grafia si ritrova anche nelle copie dei quartetti III:19-25. Nel volumi/parti strumentali del quartetto III:29 vi sono alcune correzioni che sembrano ragionevolmente essere in grafia di Andrea Luchesi. Sia i testimoni veneziani che quelli copiati da F:H:, giunsero a Bonn. Sembra lecito ritenere che proprio la grafia di Luchesi abbia indotto il musicista, prima della partenza per Bonn (1771), a far duplicare i quartetti dal copista veneziano, forse per eliminare delle tracce compromettenti quali la sua grafia sulle copie dei quartetti di J. Haydn.
Le considerazioni esposte spingono a ritenere che, prima della fine del 1771, le fonti delle sinfonie e dei quartetti di J. Haydn, ma anche di alcune sinfonie intestate a L. Hofmann, siano state controllate e oggetto di un intervento con il presumibile intento di eliminare informazioni pericolose (rese irrecuperabili). La provenienza di detti testimoni, ragionevolmente legati ad Andrea Luchesi, sembra essere lecitamente non austriaca. Il testimone della sinfonia in re magg. sembra invece indicare come la Bottega dei copisti del Gruppo A sia sita a Venezia.
La paternità della fonte modenese della sinfonia Hob. I:13.
Il testimone più antico e completo della sinfonia in re maggiore, conosciuta come Hob. I:13, proviene proprio dall’archivio della cappella diretta, fino allo scioglimento, da Andrea Luchesi. La copia sembra lecitamente esservi giunta, prima della fine del 1771, dopo che il frontespizio originale, scritto da Copyist 1, fu sostituito o nel 1785. Nel nuovo frontespizio scritto da F:Z:, è visibile un’unica segnatura, la cifra 43 segnata a lapis rosso, ripassata in inchiostro nero, che corrisponde al numero di catena del Catalogo 53.I. Non v’è, invece, alcuna segnatura (numeri neri a inchiostro), capace di rimandare alla collezione del principe Massimiliano Federico di Königsegg Rothenfels, descritta in un gruppo di 19 sinfonie attribuite a Haÿdn o Heÿde, presenti nel regesto notarile stilato da C. G. Neefe e dal notaio di corte Fries (1784).
Sinfonie identificate come appartenenti al gruppo intestato a Haydn e Heÿde nel regesto Neefe-Fries:
Regesto Neefe/ Fries | Cat. Hob.I: | Cat. P. Lodi | date comp. |
Nro 21 | |||
Nro 22 | 74 | Mus. D.137 | 1780 |
Nro 23 | 50 | Mus. D.138 | 1773 |
Nro 24 | 48 | Mus. D.139 | 1772-73 |
Nro 25 | 75 | Mus. D.131 | 1780 |
Nro 26 | 57 | Mus. D.136, F.551/6 | 1774 |
Nro 27 | |||
Nro 28 | |||
Nro 29 | 62 | Mus. D.157, D643 | 1780 |
Nro 30 | 71 | Mus. D.156, framm.36 32 | 1779-80 |
Nro 31 | C8 | Mus. D.149 | |
Nro 32 | 54 | Mus. F.551/7 | 1774 |
Nro 33 | 53 vers. c | Mus. D.657 | 1779-80 |
Nro 34 | 63 | Mus. E.642, framm.1, 3, 50 42 | 1777-80 |
Nro 35 | 70 | Mus. D.147 | 1779 |
Nro 36 | |||
Nro 37 | 68 | Mus. D.657 | 1778 |
Nro 38 | 60 | Mus. D.658, framm.102 72 | 1774-75 |
Nro 39 | 45 | framm.1613; 24 21 | 1772 |
Delle 19 sinfonie riportate nel regesto, 15 sono oggi identificabili tramite i numeri neri segnati a inchiostro nei frontespizi. Poiché le corrispondenze individuate riguardano sinfonie tutte posteriori al 1772, e dato che la segnatura riferibile al regesto notarile non è presente nel frontespizio, il testimone di Hob. I:13 non sembra aver mai fatto parte della collezione del principe Massimiliano Federico di Königsegg Rothenfels. D’altro canto, il regesto notarile assicura come alla menzionata collezione non appartennero mai neanche i testimoni, oggi alla Biblioteca Estense Universitaria, di:
- 6 scherzando Hob. II:33-38;
- quartetti Hob. III:1, 3, 6, 19-24, 25-30 e 32;
- 6 divertimenti WeiV 5a intestati a J. K. Vanhal;
- sinfonie, sicuramente ante 1785, intestate a Carlo d’Ordonez;
- sinfonie, sicuramente ante 1785, intestate a L. Hofmann;
- sinfonie, sicuramente ante 1785, intestate a J. C. Bach;
- sinfonie, sicuramente ante 1785, intestate a T. Huber;
- sinfonie, sicuramente ante 1785, intestate a A. Miça;
- sinfonie, sicuramente ante 1785, intestate a V. Pichl;
- sinfonie, sicuramente ante 1785, intestate a I. Pleyel;
- sinfonie, sicuramente ante 1785, intestate a J. G. Naumann;
- sinfonie, sicuramente ante 1785, intestate a J. M. Kraus;
- sinfonie, sicuramente ante 1785, intestate a W. A. Mozart.
Dette copie manoscritte, di cui una parte consistente risale agli anni 1760-75, confluirono nel fondo della cappella di Bonn solo nel 1785, come certificano le uniche segnature presenti, ovvero, i numeri di catena del catalogo storico 53.I, segnati a lapis rosso. Se il regesto porta a escludere l’appartenenza di questa collezione a Massimiliano Francesco di Königsegg Rothenfels, il buon senso sembra escludere che fosse di proprietà del successore, Massimiliano Francesco d’Asburgo. Quando i testimoni modenesi delle sinfonie Hob. I:13, 22, 31, dei quartetti di Haydn, delle sinfonie di L. Hofmann, dei quartetti di J. K. Vanhal, giunsero lecitamente a Bonn, Massimiliano Francesco aveva 15 anni e non vi sono tracce di un suo legame con la cappella di Bonn in quegli anni. I testimoni delle composizioni confluite nel catalogo storico 53.I (1785-1792), sembrano aver fatto parte di una collezione appartenuta a una terza persona che, nel 1771 o, più probabilmente, nel 1785 giunse a Bonn con la propria collezione tra cui il testimone della sinfonia in re magg., con 4 corni e timpani, attribuita a J. Haydn.
Conclusioni: la probabile storia della fonte modenese della sinfonia in re magg. con quattro corni e timpani.
La storia del testimone modenese della sinfonia conosciuta come Hob. I:13, sembra così riassumibile.
Realizzato tra il 1767-69 nella bottega dei copisti del gruppo A, presso cui il vero compositore aveva depositato un antigrafo con timpani (probabilmente autografo), nel 1771 ca. subì l’asportazione del primo bifolio che indusse alla scrittura di un nuovo frontespizio con attribuzione a Haydn e alla riscrittura della musica mancante.
Rimasta verosimilmente nell’archivio del possessore dei testimoni precedentemente descritti, non fu mai eseguita e, rimase in una sorta di limbo dino al 1785.
Nel 1784, quando Massimiliano Francesco d’Asburgo fu nominato nuovo arcivescovo del principato di Colonia e Bonn, la fonte giunse a Bonn e fu catalogata tra la musica strumentale presente in cappella (numero di catena 43), dove rimase fino alla prima minaccia d’invasione del principato (1792), quando il principe lasciò la città portando con sé l’archivio musicale.
Nell’aprile del 1794, principe e archivio rientrarono in città ma, una nuova avanzata dell’esercito francese, indusse Massimiliano Francesco d’Asburgo, nell’autunno, a lasciare definitivamente il principato. Nel 1801 il principe morì in esilio e l’archivio della cappella andò in successione. Nel 19° secolo una parte consistente dell’archivio, tra cui quella risalente agli anni ’60, fu inviata agli Asburgo d’Este e la fonte di Hob. I:13 ritornò in Italia in quello che oggi è il fondo custodito presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena.
Che il testimone modenese della sinfonia in re maggiore sia stata composta da Andrea Luchesi, ma ceduta agli Esterhazy perché la intestassero al loro Kapellmeister, pare sostenibile, e, dall’analisi codicologica e dal confronto della musica con l’autografo, molto probabile. La segnatura semi-cancellata nella fonte oggi alla Gesellschaft der Musikfreunde potrebbe allora ipoteticamente essere interpretata come «Del Luchese A» e, la scritta misteriosa, vergata da N°1, potrebbe essere riferita al nuovo «Destino» per chi fosse entrato al servizio di un’organizzazione necessariamente segreta, volta alla compravendita di musica con diritto di intestazione. La medesima storia del testimone di Hob. I:13 sarebbe poi riferibile alle copie modenesi delle sinfonie Hob. I:22 e 31 e, in generale, a tutti i testimoni copiati nella bottega dei copisti del Gruppo A giunti a Bonn, verosimilmente da Venezia, e ritornate in Italia nel 19° secolo, a Modena. La bottega dei copisti del Gruppo A sarebbe allora ubicabile a Venezia da dove, tra il 1765 e il 1770, ma probabilmente fino al 1774 ca., copiò i testimoni dei lavori di Luchesi e di altri maestri italiani, solo intestati a J. Haydn e agli altri musicisti della Wiener Klassik.
Bibliografia:
- Alan Peter Brawn, Carlo d’Ordonez (1734-1786). A Thematic Catalogue, Information Coordinators, 1978;
- H. C. Robbins Landon, The Symphonies of Joseph Haydn, Universal Edition & Rockliff, London 1955.
«D Luc eße A»
Potrebbe gentilmente chiarire?
Certamente e grazie dell’attenzione. Vorrei per prima cosa manifestarle il mio apprezzamento per alcuni suoi interventi che mi sono sempre sembrati molto competenti e stimolanti, a cominciare dall’analisi fatta alla segnatura preesistente a “Mozart”, presente nel testimone custodito nella collezione dei principi Thurn Und Taxis di Regensburg, visionato personalmente lo scorso dicembre.
Quanto alla segnatura menzionata le aggiungo che in occasione della personale visione del testimone oggi alla Gesellschaft der Musikfreunde di Vienna (XIII 19071), scritto in carte veneziane dal copista N°1 (la cui grafia è identificata da Robbins Landon) e un altro copista, nel volume/ parte strumentale di violino primo, scritta da N°1, ho notato nell’ultima carta del bifolio esterno, che funge la legatura dell’intero fascicolo, la presenza, nell’ultimo rigo, di uno strano fregio. Nè Robbins Landon ne Joseph Haydn Werke (Rehie I Band 2) lo menzionano. Il fregio mi ha subito insospettito poiché estemporaneo e alla fine del fascicolo; la cosa mi ha subito rammentato quel tentativo infantile di cancellare una frase scritta aggiungendo dei segni su un documento o foglio non eliminabile. Dall’esame del fregio ho notato che tutti i segni riconoscibili appoggiano sul terzo rigo del pentagramma (dai miei appunti solo cartacei poiché non ho potuto fare delle foto) e la cosa mi è sembrata ancor più giustificare il senso di una segnatura cancellata. Facendo tesoro della spaziatura più o meno costante delle lettere che lei ha utilizzato nell’interpretazione del nome Krauß ritengo che la segnatura nascosta possa rivelare ancora le lettere indicate, ovvero «D__ Luc_eße A».
le considerazioni svolte nell’analisi del testimone di Modena mi hanno portato poi a ritenere che la segnatura possa essere proprio Del Lucheße A.
Che Luchesi possa essere il vero autore della sinfonia mi pare a questo punto fortemente probabile e comunque estremamente verosimile.
Se infatti si applicano i precetti della filologia allo studio dei testimoni manoscritti della sinfonia Hob. I:13 si nota come l’autografo non possa accogliere la lezione derivante da quello di Modena.
Lo stemma di JHW infatti specifica chiaramente come l’autografo di Haydn non contempli i timpani, presenti nel testimone di Modena (vedi Bugani), capace da solo di svelare l’esistenza di un antigrafo diverso dall’autografo di Haydn e più completo dello stesso. Dalla lezione di questo antigrafo deriverebbero i testimoni di Modena, Harburg, Praga (Castello dei Waldstein di Doksy), Brno, Frankfurt, Milano, Firenze, Rudolstadt, ma anche quello usato da De Silly a Parigi per l’edizione del 1777/78, altrimenti tutti inspiegabili.
Filologicamente parlando l’autografo di Haydn è un documento copiato da un antigrafo, verosimilmente l’autografo del vero compositore o una serie di parti separate tratte da esso.
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Sempre da un punto di vista filologico il testimone di Modena potrebbe essere, fino al 1771, la fonte Alfa, ovvero, quella serie di parti separate, tratte dal vero autografo, duplicate per i diversi acquirenti.
Che il testimone si trovi a Modena mi pare denoti una verosimile paternità luchesiana.
Le aggiungo, se vorrà leggerlo, l’insieme di “congerie e creazioni fantastiche” come scriverebbe NR che sto seguendo.
Il testimone, come dimostra l’unica segnatura presente nel frontespizio, sicuramente originale dal 1771 (il vero frontespizio fu cambiato tra la metà del 1770 e la metà del 1771), fu per la prima volta inventariato nel 1785, quando fu depositato in cappella per plausibile volere del principe Massimiliano Francesco d’Asburgo. Le ragioni di questa inclusione nella musica della cappella non risiederebbero nell’appartenenza ai beni del principe o della cappella, bensì nella necessità di controllare il cospicuo fondo che sarebbe verosimilmente giunto a Bonn proprio nel 1785. Si tratterebbe del fondo personale di Andrea Luchesi, quel fondo all’origine della necessità di predisporre il nuovo catalogo anepigrafo 53.I che, come le carte filigranate veneziane sembrano certificare con precisione, sarebbe nientemeno che il «Catalog de la musique vocale et [sic – io credo ovviamente strumentale] pour la Chapelle de S. A. S. E. de Cologne. Fait ce 8 avril 1785» (vedi Catelani in J. Riepe, “Una fonte per il repertorio della Cappella di corte di Bonn nel tardo XVIII secolo”, Arkiv für Musikwissenschaft, Anno 60, Fascicolo 2, 2003, p. 9).
Il testimone di Hob. I:13 nascerebbe allora proprio dalla necessità di Luchesi di tenere in ordine il proprio archivio personale. E’ lecito infatti immaginare che prima di un periodo che l’avrebbe tenuto lontano, ma non inattivo musicalmente, da Venezia, Luchesi abbia inventariato i proprio archivio, per la più parte lasciato a Venezia quando raggiunse Bonn. A tal fine richiese le parti separate di tutte le proprie composizioni cedute a terzi tramite l’ambasciatore cesareo conte Giacomo Durazzo, tra cui il testimone di Hob. I:13. Questo fondo delle musiche personali di Luchesi sarebbe rimasto, per ovvi motivi di costo di trasferimento, per la più parte nella città lagunare assieme ai mobili, agli oggetti personali, verosimilmente a una casa, dove Luchesi avrebbe dovuto fare ritorno alla fine del contratto triennale. Il matrimonio e la successiva permanenza a Bonn impedirono di chiudere il periodo veneziano fino al 1783 quando Luchesi rientrò in Italia e, dopo aver alienato i suoi beni, rientrò a Bonn con lecitamente con tutto il suo fondo. Il testimone di Hob. I:13, proveniente lecitamente da Venezia, sarebbe stato depositato in cappella e, benché di proprietà di Luchesi, sarebbe stato affidato al principe, assieme a tutto il fondo personale del Kapellmeister, fino a quando le truppe francesi minacciarono il principato e ci fu la prima fuga della corte con l’archivio musicale (1792). Proprio la proprietà del fondo avrebbe indotto poi a inviarlo a Modena nel 19° secolo, poiché è verosimile che Luchesi abbia preteso che, nonostante il suo fondo fosse depositato in cappella, vi fosse un documento che sempre identificasse i suoi averi con precisione. Detto documento, disperso, sarebbe alla base dell’impossibilità di far sparire il fondo Luchesi poiché gli eredi del Kapellmeister avrebbero potuto sempre reclamarne la restituzione.
Il testimone di Hob. I:13, parte del fondo contenente quello che Chiarelli identifica come “Fondo Luchesi”, il più completo e antico testimone della sinfonia, ne certificherebbe la vera paternità e renderebbe plausibile la cancellazione della segnatura «Del LucheSe A», inizialmente presente nel testimone oggi alla Gesellschaft der Musikfreunde.