La sinfonia Hob. I:22, conosciuta come Il Filosofo.

Nel 1764 Haydn finí di “comporre”  la sinfonia il Filosofo e sulla partitura, in alto a destra, vergò il suo solito «Sinfonia – Giuseppe Haydn/ 764». La partitura della sinfonia, oggi custodita presso il museo Nazionale Ungherese di Budapest (H-Bn Ms. Mus I.27), rappresenta un altro caso emblematico di come gli autografi di Haydn siano spesso dei testimoni difficilmente spiegabili, la cui lezione è filologicamente sterile, ovvero, priva di tradizione: infatti, nessuno dei testimoni più precoci della sinfonia n° 22, manoscritto o a stampa, è tratto dall’autografo di Haydn. 

L’esame personale dell’autografo s’è rivelato molto interessante e ha confermato come lo stesso, benché sia scampato ai terribili incendi del 1768 e del 1779 che colpirono il castello degli Esterházy, considerati dalla ricerca la ragione dell’assenza di molti autografi delle sinfonie e dei primi quartetti, non presenti alcuna traccia di simili eventi distruttivi. Non una piccola bruciatura né un angolo annerito o qualsiasi altro segno fanno pensare che il testimone scritto da Haydn sia per fortunata coincidenza scampato alla distruzione del fuoco.

 

 

L’edizione critica della sinfonia N°22. Le datazioni approssimative dei Testimoni.

La sinfonia 22 è analizzata nell’edizione critica Joseph Haydn Werke – Reihe I Band 4 – curata da Horst Walter, dedicata agli autografi delle degli anni 1764-1765. L’autografo è scritto in carta Lockenaus cervo IGS, la medesima usata per scrivere anche quelli di Hob. I:21-24, e 28-31. Della sinfonia n° 22, al contrario di Hob. I:21 e 29, non esistono parti strumentali che possano essere considerate “autentiche”, ovvero scritte da quei copisti che ebbero accesso alle fonti di Haydn (in questo caso Jospeh Elßler senior), ma solo parti “non autentiche”; J.H.W. informa perciò che qualsiasi parte orchestrale originale o antigrafo sia da considerarsi disperso. Nel preparare l’edizione critica della sinfonia N° 22, Walter ha dovuto ricorrere all’autografo e ad altri testimoni sopravvissuti, la cui datazione è stata, per stessa ammissione del curatore, solo stimata [Das Alter der Manuskripten läßt sich in den meisten Fällen nur schätzen]. Detti testimoni non autentici proverrebbero da due Antigrafi dispersi che avrebbero dato origine rispettivamente alle versioni della sinfonia:

  1. i testimoni, assieme all’autografo, di (C) Schlagh, (E) Göttweig, (H) Modena, (K) Kremsmüster e (Q) la prima edizione della sinfonia stampata nel 1770 a Parigi da Borelly.
  2. i testimoni di (B) Budapest, (D) Vienna (Gesellschaft der Musikfreunde), (F) Modena, (G) Harburg, (J) Kremisier, e l’edizione della sinfonia stampata nel 1773 a Parigi da Sieber (assieme a Hob. I:39 e 59). La versione β conterrebbe, rispetto a quella α, delle variazioni nei seguenti passaggi [elenco dei passaggi non inserito]

Benché di primo acchito si noti come presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena, procedenti dall’antica collezione Elettorale di Bonn, esistano, unico caso, entrambe le versioni della sinfonia N° 22, J.H.W. non si interessa a questa unicità. H. Walter segnala come i Corni Inglesi, presenti nella stesura dell’autografo, siano  copiati solo nei tre testimoni oggi a Budapest, Göttweig e Modena (testimone F). I diversi testimoni che tramandano le due versioni sono descritti nel modo seguente: 

  • B) Budapest Ms. Mus. I. Nr. 55/ parti strumentali con Duplicati degli archi e parti per oboe I e II scritti da altra mano […]. Nel frontespizio Corno inglese e Oboe. Carta con Filigrana: 3 Lune REAL AS […] Copia (Esterháza/Eisenstands) verso il 1770 sembrerebbe dalle correzioni essere il primo testimone a tramandare la versione β.
    • La datazione del testimone è molto imprecisa. La filigrana della carta con le tre Lune e il genere REAL assicura come il testimone sia stato copiato dopo il 3 dicembre 1774, quando il 7° proclama del senato veneziano obbligò i produttori ad adottare delle filigrane che ne indicassero il genere. La carta utilizzata è quella prodotta dalla cartiera Alberti Secondi e Compagni (ACS, prodotta nel triennio 1775-77), nata nel 1775 dopo il fallimento della ditta Antonio Seguito. Il testimone oggi custodito presso la Biblioteca Nazionale Ungherese di Budapest, proveniente dalla collezione degli Esterházy, databile post 1775, non è sicuramente il più precoce testimone della versione β. Facendo fede alla data di composizione il testimone fu copiato almeno 10 anni dopo e nella versione diversa dall’autografo.
  • C) Schlägh Nr. 63/ parti strumentali scritte in carta locale prodotta a Sn. Pölten (Niederösterreich). Il frontespizio originale è scomparso e il testimone è segnato «Sinfonia in Dis/ Hoffmann» barrato sostituito con «Haydn». Con Oboi invece di Corni Inglesi. […] Copia degli anni 1770. La copia, che tramanda la versione α, è relativamente vicina all’autografo.
  • D) Vienna XIII 19056/ parti separate scritte in carta veneziana 3 mezze lune REAL sopra A/ CCS/W […] HAF REAL […]. La copia, che tramanda la versione β, proviene da un copista di Kees.
    • Benché il testimone non sia datato da Walter è sicurante riferibile alla fine degli anni ’70 /primi anni ’80.
  • E) Göttweig Nr. 140/ copia locale segnata «Comparavit R:P: Odo 772». Accanto alla stesura originale per Corni Inglesi sono presenti anche parti per due Flauti scritti da mano diversa. Una seconda copia, forse viennese, è datata 1780. Entrambi i testimoni tramandano la versione α.
    • H.C. Robbins Landon descrive il testimone come copiato in carta Antonio Seguito Toscolano che, facendo fede alla datazione della copia, dovrebbe essere quella prodotta nella cartiera diretta dai Fratelli Avanzini durante i trienni 1766-68 o 1769-71, forse con qualche traccia di quella prodotta nel triennio 1763-65.
  •  F) Modena Mus. D. 145 (vecchia segnatura N:32)/ Parti strumentali mischiate scritte in carta italiana [veneziana]. Copista 1 e Copista 2 offrono una completa e probabilmente anche originale raccolta di parti. […] Il testimone è scritto in carta M sotto Tre Lune/ AS. Copia Austriaca (Viennese?) del 1780. Le parti di corno inglese sono invece scritte in carta Tre lune/ AS sotto piccolo ornamento. […] La trasmissione della versione β e il rapporto con il testimone D (Gesellschaft der Musikfreunde) è comune a tutte le parti.
    • La datazione del testimone è molto imprecisa. La carta utilizzata è quella fabbricata dalla cartiera Antonio Seguito Toscolano (AS-M, prodotta nel triennio 1764-67 nella cartiera diretta dal cartaio Pietro Maffizoli); nel testimone è anche presente un unico bifolio di carta fabbricata dalla ditta Fratelli Andriolo e Compagni (FCA, prodotta nel triennio 1767-69). Il testimone è pertanto databile 1767-68 ed è sicurante il più precoce della versione β. Il rapporto con il testimone oggi alla Gesellschaft der Musikfreunde, copiato come minimo ben 10 anni dopo, è del tutto ininfluente.
Carta Prodotta dalla ditta Antonio Seguito Toscolano nella cartiera diretta da P: Maffizoli nel triennio 1764-66.
Carta Prodotta dalla ditta Antonio Seguito Toscolano nella cartiera diretta da P: Maffizoli nel triennio 1764-66.
  • G) Harburg III 4 1/2 fol. 826, duplicati in carta Tedesca [prodotta dalla ditta Joseph Anton Unhold IAV-WOLFEG]. Il testimone tramanda la versione β ed ha un valore medio: datazione della copia 1790.
    • La datazione del testimone è molto imprecisa. La carta utilizzata è fabbricata dalla cartiera Giuseppe Cristoforo e Fratelli Sansoni  (GCFS prodotta nel triennio 1782-84 nella cartiera affittata nel 1782 a Scipione Delai); il testimone è databile prudenzialmente 1782-87.
  • H) Modena Mus. D. 149 (vecchia segnatura N:32)/ Carta italiana [Veneziana]; duplicati (Vl. I, II Bas) in carta con chiavi incrociate. Nota sulla pagina del titolo: “Le philosoph” e “In duplo”. Copia Austriaca (Viennese?) del 1790. Il testimone tramanda la versione α. IN NOTA 131. Copertina e scrittura come nel [testimone] della sinfonia Hob. I:71, segnata Mus. D:156, datata 1783.
    • La datazione del testimone è molto imprecisa. La carta utilizzata è fabbricata dalla cartiera Faustin Calcinardi (FC-F, prodotta nella cartiera diretta da Fratelli Fonfrieschi nel triennio 1767-69); il testimone è pertanto databile 1767-71 ed è sicuramente il più precoce della versione α. 
Carta prodotta dalla ditta Faustin Calcinardi nella cartiera diretta da Fratelli Fondrieschi durante il triennio 1767-69
Carta prodotta dalla ditta Faustin Calcinardi nella cartiera diretta da Fratelli Fondrieschi durante il triennio 1767-69

 

I testimoni della collezione della Biblioteca Estense Universitaria di Modena e le omissioni nella loro descrizione.

I testimoni presenti presso la collezione della Biblioteca Estense Universitaria di Modena sono sicuramente tra i più precoci e, nel contempo, sono capaci di tramandare entrambe le versioni della sinfonia, quella chiamate α β da Horst Walter.

Il testimone Mus. D:145, che proviene dalla bottega dei copisti del gruppo A, è tratto secondo Walter da un antigrafo in grado di fornire una serie di parti considerate originali. I copisti descritti da H. Walter sono quelli identificati come Copyist 1 e 2 (Esempi di Grafie), appartenenti a quella che Alan Peter Brown definisce la bottega del gruppo A. In questo centro di copia, cui appartengono sicuramente anche copista No. 1 e 2 (identificati da H. C. Robbins Landon, il secondo riconosciuto come F. Pischelberger), e il copista R:Z:, sono presenti degli antigrafi importantissimi delle sinfonie di Haydn, tra cui quelli di Hob. I:13, 22, 24, 31, 33 e 35.

Quanto al testimone Mus. D. 149, è l’unico manoscritto del XVIII secolo a recare il titolo della sinfonia, ed è, al contempo, il più antico testimone dell’altra versione. La nota riportata non aggiunge nulla sulla datazione di un testimone di cui si omettono, forse non casualmente, le informazioni sulle filigrane della carta e che è datato in modo totalmente arbitrario alla fine del secolo. Inoltre la grafia che accomuna i due testimoni è quella ritrovata nei duplicati degli archi e in un unico bifolio non originale presente nella parte di basso.

Quest’ultima osservazione, che pone grossi interrogativi sulla capacità di esaminare i testimoni in modo scentifico di H. Walter, porta a interrogarsi sui motivi che hanno spinto il curatore a glissare, nel descrivere i testimoni della sinfonia il Filosofo, su due evidenti e palesi stranezze;

  1.  entrambi hanno subito la sostituzione del frontespizio e del primo bifolio della parte di Basso.
    • R:Z:, il copista che interviene sul primo bifolio della parte di basso di Mus. D. 145 con carta non individuata con selenometria 78-61, scrive anche un secondo frontespizio sul duplicato della parte di Basso in carta Valentino Galvani, prodotta nel triennio 1770-72. Il doppio intervento di R:Z: è lecitamente databile attorno al 1770-71.
    • Zengler, il copista che a Bonn interviene sul primo bifolio della parte di basso di Mus. D. 149 utilizza carta fabbricata dalla ditta Pietro Samuelli e Compagni (PS, prodotto nei primi anni ´80); La medesima, usata per scrivere il nuovo catalogo della cappella di Bonn nel 1785, consente di datare l’intervento di sostituzione compiuto da Zengler fine 1784-1785.
  2. le parti originali del testimone Mus. D. 149 sono state pesantemente tranciate nei margini superiori e laterali per un motivo ignoto.

J.H.W. H. C. Robbins Landon e l’Autografo corretto. 

Il desiderio di esaminare i testimoni in un modo acritico e, purtroppo, non Scientifico, ha portato H. Walter a non indagare l’importanza dei due testimoni modenesi ma anche a non segnalare due errori che Haydn ha compiuto nello scrivere la musica della sinfonia N°. 22. Il primo è tramandato dai più precoci testimoni, il secondo non trova riscontro che nell’autografo di Haydn. Entrambi gli errori non recano alcuna traccia di correzione o ripensamento di Haydn. Questi errori dimostrano inequivocabilmente come l’autografo non sia mai stato corretto e, perció, verosimilmente mai usato per una esecuzione, prova orchestrale, o abbia mai dato origine ad alcun antigrafo scomparso. L’autorgafo sembra dimostrare come, una volta scritto, sia rimasto probabilmente chiuso in un cassetto con le tracce della sua incapacità di dimostrare la paternità Haydniana della sinfonia. 

Consultando l’edizione critica della sinfonia fornita da J.H.W., alle battute 21 e 22 del primo movimento, nel rigo dei Violini (primi e secondi sono all’unisono e nell’autografo Haydn segnò solo  le note nel rigo superiore) Haydn avrebbe scritto la seguente musica.

Battute 21 e 22 come indicate dall’edizione critica J.H.W.

Consultando l’edizione critica della sinfonia fornita da H.C. Robbins Landon, alle battute 21 e 22 del primo movimento, Haydn avrebbe però scritto un’altra musica.

Battute 21 e 22 secondo l’edizione curata da H. C. Robbins Landon.

Benché le semibiscrome possano apparire o sparire, assieme alle note puntate alla fine dei gruppi, nessuno delle due edizioni fornisce alcun chiarimento sul punto. Né H. Walter né Robbins Landon aggiungono una nota per spiegare i motivi che li hanno indotti a presentare due diverse versioni delle battute 21 e 22 che avrebbero dovuto essere tratte dall’autografo.

 

 

Gli errori commessi da Haydn.

L’esame personale dell’autografo oggi a Budapest ha evidenziato come nelle battute 21 e 22 del primo movimento, nel rigo dei Violini primi, Haydn non abbia scritto nessuna delle due versioni tramandate dalle edizioni. Egli infatti scrisse le figure delle due battute in modo diverso (segni in rosso) con la conseguenza che entrambe le battute furono scritte con una durata eccessiva pari a 35/32simi. Questo errore è stato corretto da J.H.W. aggiungendo un taglio ai gruppi delle note mentre H.C. Robbins Landon ha eliminato i punti. Nello scrivere le due battute, al contrario di come riportato, Haydn dimenticò anche le legature nei secondi gruppi di note ma J.H.W. e Robbins Landon segnalano solo l’assenza di legatura nel secondo gruppo di note della battuta 22 (non quello alla battuta 21).

Battute 21 e 22 dell’edizione critica J.H.W. corrette secondo la vera scrittura di Haydn (I errore).

L’errore di scrittura, benché con le legature tutte correttamente segnate, è presente nei due manoscritti oggi alla biblioteca Estense Universitaria di Modena e in quello proveniente dalla cappella del principe Kraft Ernst di Oettingen-Wallerstein; la scrittura, uguale nelle parti di violino primo, secondo ma anche nei duplicati, assicura che non si possa minimamente pensare a un errore di copiatura compiuto dai copisti. Una versione che si avvicina all’edizione critica è presente nel testimone oggi custodito presso la collezione dei principi Thurn und Taxis di Regensburg.

Battute 21 e 22 di Mus. D.145
Battute 21 e 22 di I-MOeu Mus. D.145
Battute 21 e 22 di D-Rtt J. Haydn 10

Si tratta di un errore che i filologi classificano come monogenetico di tipo congiuntivo che, tradotto, assicura come tutti i manoscritti provengano dal medesimo antigrafo. Poiché le legature nel testimone scritto dai copisti della bottega del gruppo A sono più precise (vedi le aggiunte nelle edizioni critiche dell’autografo), questo dovrebbe precedere l’autografo, una variante meno precisa della musica. Robbins Landon, però, ipotizza come Haydn, nella prima prova orchestrale effettuata con le parti orchestrali tratte dall’autografo, correggesse gli errori commessi nella prima stesura segnandoli direttamente sulle parti. Queste parti strumentali (quelle definite Ürfassung, tutte scomparse), con le ultime volontà musicali di Haydn, sarebbero divenute gli antigrafi attraverso cui divulgare le sinfonie mentre gli autografi, rimasti privi di queste ultime versioni, benché conservati, rappresenterebbero solo l’inizio del processo compositivo.  

Nel caso della sinfonia N° 22 questo strano processo (pensare che Haydn correggesse con la sua penna d’oca ogni parte orchestrale durante la prima prova sembra francamente poco sostenibile) è sicuramente da escludere. Infatti nelle parti strumentali Modenesi (1767-68 e 1767-71), come in quelle della collezione Oettingen-Wallerstein (1782-87), le due battute sono rimaste della lunghezza errata cosa che difficilmente sarebbe avvenuto se la sinfonia fosse stata, una volta composta, effettivamente eseguita. Poiché le parti strumentali o la partitura usate per trarre i due testimoni oggi a Modena e quello dell’antica collezione del principe Kraft Ernst di Oettingen Wallerstein contengono ancora l’errore, non provengono dalle eventuali parti corrette da Haydn (se mai sono esistite).

Nessuna serie di parti originali, corrette da Haydn e provenienti dall’autografo, si può considerare l’antigrafo copiato dai copisti della bottega del gruppo A, dal copista autore del testimone segnato le Philosoph o da quello che scrive il testimone confluito nella collezione del principe Kraft Ernest di Oettingen-Wallerstein. 

Nell’autografo di Haydn vi è un altro errore, classificabile in filologia come errore monogenetico di tipo separativo, che assicura come nessun manoscritto provenga dall’autografo. Posto che dall’autografo non furono tratte parti separate corrette, poiché mai individuate e poiché nessuno dei manoscritti più precoci risolve l’errore della durata delle battute (nemmeno quello della collezione Oettingen-Wallerstein, copiato più di quindici anni dopo la data indicata nell’autografo), Haydn scrive due volte il do (1/8) ad inizio di battuta, rendendo la durata della misura 22 addirittura di 39/32simi

Battuta 21 e 22 come realmente scritto da Haydn, con il do aggiunto (II errore).

Questo errore non è copiato in nessun manoscritto visionato e pare proprio essere in grado di indicare:

  1. come Haydn non abbia mai controllato l'”autografo”;
  2. come lo abbia scritto anche lui copiando verosimilmente dal medesimo antigrafo o da una copia di esso;
  3. come sia incappato in un errore probabilmente di disattenzione non riproposto in alcun testimone;
  4. come, una volta scritto l’autografo, questo non sia mai stato usato nemmeno dopo il 1774, né tantomeno quando il principe si procurò una copia della sinfonia che ottenne nella versione β, non in quella scritta da Haydn. 

La lezione dell’autografo sembra proprio non esistere.

Un altro dettaglio dell’autografo, segnalato in modo molto sfuggente da J.H.W., suffraga ulteriormente l’idea che Haydn stesse copiando musica già scritta. Nella nota 16, a p. 11 si legge: «al folio 10b la segnatura autografa “continua”». Nessuna delle due edizioni critiche riporta l’esistenza di una segnatura tanto strana quanto incomprensibile che solo attraverso la visione personale dell’autografo è stata chiarita.

Nella carta 10 recto Haydn ha scritto la prima parte del IV movimento ed è giunto fino alla battuta 43, 2 battute dal segno di ritornello della prima parte del movimento (battuta 45). Girata la pagina (carta 10 verso o 10b – come indicato da J.H.W.), pur rigata, non v’è alcuna nota scritta; non la parte di basso; non i violini, solo la segnatura in gotico tedesco «inüber». La musica continua invece in due bifolii aggiunti a quelli originali e legati successivamente al fascicolo iniziale (cartulazione 13a-16b). La cartulazione dei nuovi fogli, dove la musica termina nel modo in cui la si conosce, aggiunge altri elementi al quadro di totale assurdità di questo autografo in quanto certifica come un bifolio, segnato 11a-12b, è scomparso dall’autografo.  

Carta 10 verso (10b) dell’autografo di Haydn.

L’interruzione dell’autografo alla battuta 42 conforta una volta in più nel ritenere che Haydn scrisse l’autografo di Hob. I:22 copiando la musica da un antigrafo già esistente e, come un qualsiasi copista, poté interrompere la “composizione” in qualsiasi punto (due battute dalla fine della prima parte). Inoltre, come qualsiasi copista (in filologia è risaputo come qualsiasi amanuense, nonostante l’esperienza, commetta sempre degli errori), Haydn incappò in diversi errori tra cui:

  1. dapprima copiò la musica con le due battute errate e più lunghe del dovuto (35/32esimi);
  2. poi aggiunse una croma aumentando la durata della battuta già errata fino a 39/32esimi;
  3. poi dimenticò le legature sui due gruppi di note;
  4. poi sbagliò a copiare i corni nel IV movimento (battute 96-98 – immagine non inclusa) per tre battute, scrivendoli nel rigo dei corni inglesi e portando quest’ultimi fuori della loro tessitura; 
  5. Invece di lasciare l’errore e cancellare con un tratto di inchiostro, come fece una decina di battute prima, probabilmente perché stanco di copiare, ricorse all’abrasione della carta lasciando traccia visibile dell’errore marchiano.

 

Conclusioni: I

L’autografo della sinfonia Hob. I:22 dimostra come Haydn copiasse la “sua Musica” da antigrafi già esistenti. Lungi dall’essere un’attività di composizione la sua si sostanziava, verosimilmente, nello scrivere autografi per creare documenti che attestassero la paternità di composizioni solo nominalmente circolanti a suo nome. L’antigrafo della prima versione, presente presso la bottega del gruppo A, non fu inviato da Haydn ma da altro musicista che, ovviamente, non poté eseguire la sinfonia con una orchestra ma inviò solo una partitura con degli errori nelle battute 21 e 22. Quando Haydn ricopiò la musica, forse distratto dalla percezione che qualcosa nella battuta non funzionasse, scrisse un doppio do, aggiunse il suo errore, dimenticò le legature, sbagliò a copiare i corni e così via. La copia autografa di Haydn fu conservata da qualche parte mentre l’antigrafo errato, o una sua copia, fu usato per trarre molti altri testimoni tra cui quello inviato negli anni ’80 al principe Oettingen-Wallerstein.

 

Conclusioni: II

Gli unici testimoni delle due versioni α e β conosciuti, al momento riferibili agli anni ’70 del 1700, si trovano oggi alla Biblioteca Estense Universitaria di Modena e sembrano in grado di svelare la vera paternità della sinfonia Hob. I:22. Infatti,

  1. Mus. D.149 è l’unico manoscritto del secolo a riportare il titolo Le philosoph della sinfonia;
  2. Mus. D.145 è, anche secondo Horst Walter, una completa e probabilmente anche originale raccolta di parti.
  3. Entrambi i testimoni provengono dalla collezione della Capella di Bonn, diretta da Andrea Luchesi fino allo scioglimento (1794);
  4. Mus D. 145 fu privato del frontespizio originario dal copista R:Z: attorno al 1771, anno in cui Andrea Luchesi si trasferì a Bonn;
  5. Mus. D.149 fu privato del frontespizio originale dal copista Zengler verso la fine del 1784-inizi del 1785 quando, rientrato a Bonn dopo un permesso di 12-15 mesi di assenza, Luchesi vi giunse con il proprio archivio personale, rimasto fino a quella data a Venezia. Infatti, lasciata la città lagunare nel 1771, con la prospettiva di rientrarvi alla fine del periodo triennale definito dal contratto stipulato con il principe Massimiliano Federico di Königsegg-Rothenfels, Luchesi vi ritornò solo nel maggio 1783. T. A. Henseler ricorda come l’istanza presentata al principe motivava la richiesta di «[…] un viaggio nella sua terra natale e […] sistemare affari di famiglia». Tra questi affari vi era certamente l’alienazione di qualsiasi pertinenza rimasta a Venezia (case, mobili, arredi) e sicuramente il trasporto dei più importanti effetti personali a Bonn, tra cui, sicuramente, il proprio archivio.

 

Bibliografia.

  • H.C. Robbins Landon, The Symphonies of Jospeh Haydn, Universal Edition-Rockliff, Londra 1955;
  • Joseph Haydn Werke – Reihe I-Band 4 – Sinfonien 1764-65, curato da Horst Walter;
  • T. A. Henseler, Andrea Luchesi, der Letzte Bonn Kapell-meister zur Zeit des junge Beethoven, Bonner Geschichterblätter Band I Jährgäng 1937
  • Edizione della sinfonia No. 22 curata da H. C. Robbins Landon;
  • Archivio di Stato di Venezia, Cinque Savi alla mercanzia, B. 372; 
  • Collezione della Biblioteca Estense Universitaria di Modena – I-MOeu;
  • Archivio della collezione dei principi Thurn und Taxis di Regensburg – D-Rtt;
  • Archivio della collezione dei principi Oettingen-Wallerstein oggi alla biblioteca centrale dell’Università di Augsburg – D-HR;
  • Archivio di Gesellschaft der Musikfreunde di ViennaA-WGdM;
  • Archivio della Biblioteca Nazionale Ungherese di Budapest – H-Bn;
  • Repertoire International de sources Musical – RISM.

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