1757-1760. Il periodo veneziano di perfezionamento con Gioacchino Cocchi (1715, 20-1804), durato verosimilmente almeno un anno e confermato da C. G. Neefe (Cramer Magazin, 30 marzo 1783), si situa tra l’arrivo di L. al più tardi nel 1756 e la partenza del maestro, intercorsa tra la fine di maggio e ottobre 1757. Il 24 maggio del medesimo anno P. Gradenigo (1695-1776, Notatorio IV), annota l’esposizione nella chiesa di San Geminiano del vero ritratto di G. Cocchi (ancora maestro del coro agli Incurabili), che, chiamato dall’impresario C. Mattei, probabilmente tra settembre e ottobre, si recherà a Londra per presentare Demetrio, re della Siria, andato in scena al King’s Theater in Haymarket l’8 novembre 1757.  Maestro di coro dell’Ospedale degli Incurabili, autore di Oratori in latino e Vespri per lo stesso, G. Cocchi é sicuramente per L. anche un maestro dello stile sacro tipico della scuola napoletana; sempre in campo sacro L. é allievo di G. Saratelli, dal 1747 al 1762 Maestro della cappella ducale di San Marco, che gli trasmette le conoscenze delle teorie e della pratica dell’altro grande compositore legato allo “stile severo”, Antonio Lotti e della grande tradizione Marciana (Al. Choron et F. Fayole, Dictionnaire historique des Musiciens 1810-11. «Ce fut lui [Saratelli] qui enseigna au cèlébre Luchesi le contrepoit et le style d’èglise»). L. stesso, il 9 gennaio 1764, pare confermare indirettamente l’alunnato con Saratelli i cui bassi a sua disposizione (probabilmente i partimenti), sono spediti al conte Giordano Riccati assieme a quelli di padre Francesco Antonio Vallotti.

L. si giova inoltre degli insegnamenti di Giuseppe Paolucci (1726-1776), didatta e teorico legato a padre Giovan Battista Martini. Paolucci, che nel 1768 conferma l’insegnamento a L., dando credito alla segnalazione di C. G. Neefe al Cramer Magazin, non si dimostra molto tenero con il suo scolaro, forse perché critico delle teorie contrappuntistiche sviluppate nell’ambiente padovano da A. Callegari, P. Vallotti, G. Tartini e dal conte G. Riccati, che L. stesso, dal 1764, seguirà intensamente. Nel 1765-66 e 1772 Paolucci pubblica, per i caratteri di A. de Castro, l’Arte pratica di contrappunto dimostrata con vari esempj,  con esempi tratti dai lavori dei grandi maestri del passato quali Palestrina, Lasso, Caldara, Marcello, Vittoria, Bernabei, nonché J. J. Fuchs e Händel. A proposito dell’insegnamento di Paolucci e di questo lavoro T. A. Henserl scrive:

Certamente Paolucci aveva già lavorato alla raccolta di questi pezzi negli anni Cinquanta e insegnato all’allievo secondo questi maestri, ovviamente Luchesi ricevette da Paolucci i sottili insegnamenti sulla “differenza di stili”, sugli stili a cappella e pieno, fugato e concertato, ecclesiastico e profano, che si possono trovare in quest’opera. […] Quando nel corso degli anni Luchesi si dimostrerà un maestro della tecnica della composizione rigorosa nei suoi lavori sacri, probabilmente lo deve soprattutto a Paolucci.

Secondo Benjamin De la Borde (Essai sua la musiche ancien et moderna, 1780) L. sarà anche allievo anche di Domenico Gallo, seconda viola marciana.

Nel 1759, diciottenne, L. potrebbe aver iniziato una collaborazione con Johann Christian Bach (1735-1782), per la fornitura di Ouvertures e altre composizioni strumentali. L’ipotesi poggia sull’esistenza di un gruppo di 14 testimoni manoscritti di sinfonie e ouverture, per la più parte riferibili ai primi anni ’60, intestati a J. C. Bach e presenti presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena (I-MOeu); alcuni di questi testimoni, tutte parti strumentali, sembrano  indicare come detti lavori, nonostante la precisa segnatura che li attribuisce al compositore tedesco, siano perlomeno spuri. Di queste ouverture e sinfonie non esiste traccia nell’inventario che descrive la raccolta della cappella elettorale di Bonn redatto nel maggio 1784 dal notaio di corte Fries e dall’organista di corte (Kapellmeister ad interim durante l’assenza di Luchesi) Christian Gottlob Neefe (si veda A. Sandberger,  “Die Inventare Der Bonner Hofmusik”, in Ausgewählte Aufsätze zur Musikgeschichte, Band 2, p. 126). Poiché detti manoscritti giunsero a Bonn dopo il maggio 1784, quando L. rientrò a Bonn con tutta quella parte del proprio archivio personale lasciato a Venezia alla fine del 1771, non si può escludere ed è sicuramente ipotizzabile che le suddette parti orchestrali provengano dalla collezione personale di L..

 

I TESTIMONI MANOSCRITTI DELLE SINFONIE E OUVERTURE DI J.C. Bach

I testimoni modenesi di due ouverture segnate «del Sig.re Bach» – una intestata solo a N. Piccinni (1728-1800), l’altra intestata anche a N. Jommelli (1714-1774), e A. Fils (1733-1760) – confermano la tesi di lavori spuri;  

  • Mus. F.47 (manoscritto redatto in carta Fratelli Vezzoli di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Pilati – FV-P – databile 1761-64) – ouverture in Re magg., segnata, in grafia ottocentesca, «Dal opera di Roma Piccinj». RISM segnala due testimoni, tutti intestati al musicista italiano, presso le Biblioteche
    1. Accademia nazionale virgiliana di scienze lettere e arti  di Mantova – I-MAav Cart. 11 n.8 (RISM ID no.: 850002220)
    2. Landesbibliothek Mecklenburg-Vorpommern Günther Uecker – D-SWI Mus.4237 (RISM ID no.: 240003565) 
  • Mus. F.46 (manoscritto redatto in carta Fratelli Vezzoli di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Pilati – FV-P – databile 1761-64) – WarB C inc1/ TerB 280/16 – ouverture in Sib magg., attribuita anche a
    1. N. Jommelli, 2 testimoni alla Landesbibliothek Maklenburg-Vorpommern Güntehr Uecker – D-SWl Mus.863 – RISM ID no.: 240001010 e 240001087;
    2. A. Fils. (Sorø Akademi, Biblioteket – DK-Sa R101 – RISM ID no.: 150201216).

I testimoni delle due sinfonie, per le quali RISM segnala attribuzioni controverse solo per quella in Si bemolle maggiore e che potrebbero essere considerati causati dal comportamento scorretto dei copisti di musica, inducono a considerare l’ipotesi che possano essere composizioni attribuite ai citati autori ma provenenti, in realtà, da persone terze volutamente rimaste nell’ombra.

I testimoni manoscritti delle due ouverture sono copiati da un amanuense la cui grafia si ritrova anche in quelli di:

  • J. Haydn, quartetto Hob. III:1 (I-MOeu Mus. F.557, manoscritto databile 1761-64, scritto anche da un altro amanuense); 
  • C. von Ordonez, sinfonia BroO I:Bb 6 (I-MOeu Mus. D.294 , due serie di parti strumentali di cui una scritta in carta Fratelli Vezzoli di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Pilati – FV-P – databile 1761-64), che A. P. Brown riporta come fosse attribuita anche a D. Von Dittersdorf (A-Ssp – lost);
  • L. Hoffmann, sinfonia KimH Eb3, Mus. D.196 (databile ante 1765), copiata inizialmente a nome di J. K. Vanhal, successivamente attribuita a L. Hofmann e anche a J. Haydn (Hob. I:Eb19).

Grafia del copista di Hob. III:1.

Grafia del copista di BroO I:Bb 6.

Il gruppo descritto, ad esclusione del quartetto Hob. III:1, è costituito da composizioni che presentano attribuzioni conflittuali. La certezza che G. B. Ferrandini componesse in forma anonima per il mercato tedesco (Dresda e Monaco), suffraga la tesi che, nel Settecento, esistesse un mercato musicale volto a fornire lavori ai migliori acquirenti, lucrando sulla perdita di intestazione legittima.  

I testimoni di un sinfonia spuria, ancora intestata a J. C. Bach ma anche a J. Haydn e F. A. Miça (1746-1811), e di un’altra sinfonia di Incerto, presenti nel fondo Modenese, sembrano ancora una volta rafforzare l’idea di un musicista anonimo rimasto nell’ombra;

  • Mus. D.16 (manoscritto databile 1765-69) – WarB YC 14 – sinfonia in do magg., attribuita a 
    1. F. A. Miça (CZ-Pnm XLII C 97, 1770-72 ca. – RISM ID no.: 550018238;
    2. A-KR H31/276, 1780 ca –RISM ID no.: 600171550;
    3. J. Haydn (Hob. I:C26).
  • Mus. F.50 (manoscritto redatto in carta Fratelli Vezzoli di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Pilati – FV-P – databile 1761-64) – WarB Inc 3/ TerB 282/21 ouverture in mib magg.,
    1. I-MAav cart. 12/2 n.11 – RISM ID no.: 850002033;
    2. S-SKma O-R – RISM ID no.: 190009613;
    3. CH-E 679,13 (Ms.4539).

L’insieme di questi testimoni, per la più parte copiati negli anni sessanta ma di provenienza elettorale bonnense, oggi confluiti a Modena in quella parte del fondo della biblioteca Estense Universitaria studiato da Alessandra Chiarelli (vedi Quaderni Estensi, Un nucleo di musica mitteleuropea del tardo Settecento: percorsi e punti salienti, p.41, nota 5), inducono a considerare l’ipotesi che  sinfonie e ouverture composte da L. possano essere state cedute anche a J. C. Bach. D’altronde, le uniche sinfonie conosciute di L. sono precedenti il 1768 e chiaramente prima di queste L. deve averne composte molte altre che ad oggi risultano disperse.

Le risultanti dell’analisi delle fonti oggi presenti presso la biblioteca Estense Universitaria di Modena, intestate a J.C. Bach evidenzia come:

  • delle 14 fonti 4 presentano dei conflitti di attribuzione o siano ritenute spurie;
  • delle 5 fonti copiate dal copista autore dei testimoni intestati anche a Bach/Piccinni e Bach/Jommelli/Filz, 4 presentino dei conflitti di attribuzione.

La provenienza elettorale dei testimoni, la loro presenza a Bonn solo dopo il 1784 e la certezza che anche prima del 1768 L. abbia composto sinfonie oggi disperse, porta a ipotizzare un modus operandi attraverso il quale L., cedute a terzi le proprie composizioni, se ne sarebbe comunque procurato una copia, in grafia di copista, da tenere nel proprio archivio personale, in modo da rendere non identificabile, se non grazie al suo fondo, il legame con se stesso.

Le fonti custodite nel fondo modenese situerebbero l’inizio della collaborazione con J. C. Bach nel 1759, con il possibile passaggio delle ouverture:

  •  Mus. F.49 (manoscritto redatto in carta Fratelli Vezzoli di Toscolano, nella cartiera diretta dai Fratelli Pilati – FV-P – databile 1761-64)sinfonia in re magg. Gli Uccellatori – WarB G23/ TerB 277/4 – seconda versione della sinfonia dell’opera di F. L. Gassmann (1729-1774), presentata al teatro Ducale di Milano nell’autunno del 1759;
  •  Mus. D.18 (manoscritto databile 1767-70), La Giulia  – WarB G22/ TerB 275 – pasticcio di G. B. Lampugnani (1708-1788), presentato sempre al Ducale di Milano, nel 1760.

Dal 1757 al 1762, F. L. Gassmann (1729-1774), produce diversi lavori per i teatri di Venezia e, durante questo periodo, potrebbe aver conosciuto L.. Nel carnevale del 1759, il teatro San Moisè gli commissiona l’opera buffa Gli uccellatoriripresa l’autunno successivo al teatro Ducale di Milano, con una nuova sinfonia attribuita a J. C. Bach. Questa ouverture potrebbe rientrare nella collaborazione tra il musicista tedesco, maggiorenne, e il giovane L., minorenne, impossibilitato ad apparire a suo nome fino alla maturità (24 anni). La somiglianza tra il tema dei violini primi nel terzo tempo “Allegro Assai” dell’ouverture in re magg. e quello del terzo tempo “Allegro” del Concerto in fa magg., per strumento a tastiera e orchestra d’archi di L., danno credibilità a questa ipotesi.  

Quanto all’ouverture de La Giulia, benché sia stata annunciata a Londra dallo stesso J. C. Bach nel 1765, nessuna delle due partiture superstiti fa alcun riferimento alla paternità della sinfonia, o di altra parte della composizione, al musicista tedesco. Anche le due ‘ouverture in re magg. e in sib magg., attribuite rispettivamente a Piccinni/Bach e Jommelli/Fils/Bach, potrebbero rientrare nei lavori composti da L. che, minorenne, inizia a collaborare con maestri affermati nella produzione di parti d’opera.

In copertina: Rosalba Carriera.

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