1764-1771. Nel 1764 L. ricerca con frequenza gli insegnamenti teorici del conte Giordano Riccati e di padre Francesco Antonio Vallotti. Le nuove teorie  contrappuntistiche provenienti dalla scuola padovana – bassi (patimenti?) di Vallotti, le teorie di Riccati – si integreranno allo studio dei grandi maestri del passato – Palestrina e Corelli –  e alle teorie della scuola di derivazione martiniana – saggio di contrappunto di padre Paolucci. È quanto pare dedursi dalle lettere superstiti inviate tra il 1764 e il 1765 al conte Riccati (Biblioteca comunale Joppi di Udine, Commercio lettere Riccati, Udine, Tomo III, n. 175, 179, 181, 245, 249).

  1. «Ill.mo ecc. ecc. sig. Conte, Dalla sua pregiatissima lettera intesi una favorevole decisione intorno la mia fuga; non mancherò per l’avvenire d’approfittarmi sempre più e di mettere in prattica le cognizioni che V. S. si è degnato di comunicarmi a CastelFranco. Mi sono preso il coraggio di rassegnarle i Bassi del Saratelli avendoli per mio divertimento copiati egualmente con la fuga. Attendo con piacere i soggetti del P. M. Vallotti, che con molta bontà lei si esibisce di spedirmi. Io non saprei come corrispondere a sì fatte gentilezze, al primo incontro gli spedirò alcuni Madrigali antichi a cinque e sei voci che là avrà materia di farmi alcune riflessioni. Ella mi somministri gli incontri di potermi manifestare qual con ogni profondo rispetto mi segno di V. S. molto Ill.ma Andrea Luchese». (Senza data, sicuramente gennaio 1764).
  2. «Ill.mo sig. Conte ecc. ecc. Essendomi venuta l’occasione gli spedisco un libro di Madrigali a sei voci di diversi autori antichi, così come gli offertori del Palestrina; credo che troverà materia di fare alcune riflessioni al nostro proposito; se nello stesso tempo che lei li guarda ci ritrovasse qualche legatura estraordinaria o qualche passo buono, la prego a segnarlo anche nello stesso libro per poter sempre più illuminarmi, e distinguer il buono dal cattivo, per poi adoperar il buono quando viene in acconcio: se per questa stessa occasione lei mi onorasse dei soggetti del Padre Vallotti mi farà, molto piacere. Stò attendendo i suoi rispettati comandi e per finire con ogni rispetto mi segno D. V. S. Ill.ma ecc. ecc. Andrea Luchese Adì 3 Febraro 1763/4 Venezia».
  3. «Ill.mo sig. Conte ecc. ecc. Ricevei con sommo piacere la sua gentilissima lettera con tre soggetti del P. M. Vallotti. Io non mi sazio di guardarli e riguardarli per sempre più intendere l’artifizio ed il lavoro; qui con un’unità costante scorgo modulare nei suoi suoni accessorij senza aggiunger inutili riempiture, qui scorgo un maneggio di rivolti e di dissonanze disposto con tanta arte che pare ch’ognuno potrebbe fare lo stesso ma qui è anzi dove consiste l’arte maggiore. Insomma da questi io spero d’imparare molto; mi dispiacerebbe che lei, avendomi lusingato il palato col spedirmeli mi lasciasse senza spedirmi poi altre cose preciose per saziar il mio appetito. Questa Fiera di Padova ho d’andare a suonar il cembalo nel Teatro nuovo; con questa occasione (benché sia poco tempo) farò in tal maniera da prendere lezione dal P. M. Vallotti, e forse anche per mezzo di V. S. Ill.ma. Chino desideroso de’ suoi comandi per poter dar saggio della profonda stima e gratitudine con la quale mi segno Di V. S. ill.ma ecc. ecc. Venezia 17 Febraro 1764, Andrea Luchese».
  4. «Ill.mo sig. Conte ecc. ecc., con l’occasione che sono stato in villeggiatura a Castelfranco con il N. H. Jseppo Morosini credevo d’aver l’onore di rassegnar a V. S. Ill.ma i miei ossequiosi rispetti e nello stesso tempo far la restituzione del suo libro (ch’or dal portator della presente riceverà) ma restai deluso; unito a questo ritroverà tre mie arie, una buffa e due serie, che bramo siano dall’illuminato talento di V. S. Ill.ma esaminate, e mi sarà di somma consolazione se si degnerà dirmi sinceramente il suo sentimento per potermi regolare; oh con quanto più d’espressione e d’ordine mi comprometterei se mi ritrovassi accanto un uomo come V. S. Ill.ma ch’oltre a profonde cognizioni unisce ancor quella della musica; mi condoni se ho ritardato tanto, ciò fu per poter esaminare minutamente tutti quei rivolti da quale appresi non poco. Se si degnerà comandarmi questo sarà il caso di lusingarmi d’essere di V. S. Ill.ma. PS. Avendo imprestato il suo piccolo trattato e non venendomi più restituito, prego V. S. Ill.ma se fosse il caso di favorirmi d’uno non sapendo dove trovarne. Um.mo Dev.mo Obb.mo Andrea Luchesi, Li 24 agosto 1765, Venezia».
  5. «Ill.mo sig. Conte ecc. ecc., Le rendo grazie del libro speditomi, tanto più per essergli restata una sola copia; lo ritorno a legger e sempre più scopro la verità dei principi che vi sono raccolti; credo che gli sarà noto che presto sorte fuori un libro di musica del P. Maestro di cappella dei Frari [padre Paolucci], il quale farà riflessioni sopra composizioni di diversi autori. Le sono doppiamente tenuto poi perché si è degnato di esaminare le mie frivole composizioni e nello steso tempo dirmi il suo sentimento; con tuttociò mi prendo la licenza d’avanzargli le mie ragioni sopra que’ passi; il primo fu error di copiste ed io nel riveder l’arai l’ho sfuggito con l’occhio e dev’esservi nel basso un D con 7/5; nel secondo ritardai di risolver la settima fino alla terza nota e ciò fu per dar un po’ più di risalto alla parte cantante; Corelli ed altri autori fanno ciò spesso come V. S. Ill.ma avrà osservato. Questo è quanto io credo per avvalorar questo passo; se però ad occhio più illuminato non servissero queste ragioni, sarei qui prontissimo (ad onta dell’effetto che fa al presente) di cambiarlo. Ella frattanto non si scordi d’uno che brama in qualunque tempo d’umilmente offrirsi di V. S. Ill.ma ecc. (senza data– agosto/settembre? – 1765) Andrea Luchesi.

Il primo lavoro, rimasto anonimo per la minore età è presentato l’11 giugno 1764: si tratta della Serenata su libretto di Giovanni Bertati, composta per l’accoglienza del duca  Edoardo Augusto di Brunswick-York (1739-1767), in visita a Venezia (Notatorio XI. P. Gradenigo non fornisce lumi sulla paternità luchesiana della musica che è accettata da A. Schatz, G. Savioli, U. Rolandi e M.G.G).

L’incarico ufficiale, garante di una competenza compositiva ormai dimostrata, sembra lecitamente collegarsi alla collaborazione con J. C. Bach, forse, anche all’intercessione di Gioacchino Cocchi. La plausibile paternità luchesiana di almeno 4 sinfonie dell’op. 3 di J. C. Bach, dedicate allo stesso Edoardo Augusto di Brunswick-York, nonché almeno del concerto per clavicembalo e orchestra in re magg. op. 1 n.6  W C54, sarebbero la normale spiegazione dell’incarico a L. di onorare l’ospite ufficiale in visita a Venezia.

Nel settembre 1764, l’anziano ambasciatore cesareo a Venezia conte Filippo di Rosemberg Orsini (1691-1765), è sostituito dal conte Giacomo Durazzo. I rapporti che L. ha in essere con J. C. Bach e gli altri autori austriaci, probabilmente caldeggiati o stabiliti dall’ambasciatore, lo inducono a richiedere copia manoscritta delle composizioni sinfoniche e quartettistiche cedute, per inserirle nel proprio archivio e, anche, per avere contezza degli intestatari di dette composizioni. Pare essere questa la ragione della presenza nel fondo a Modena dei testimoni manoscritti delle sinfonie e del quartetto in grafia del medesimo copista, verosimilmente databili ante settembre 1764, intestate a J. C. Bach, C. von Ordonez, L. Hofmann/J. K. Vanhal e J. Haydn. Sembra inoltre verosimile che la ragione della scomparsa di quello che potrebbe essere lecitamente individuabile come il copista Rosenberg 1 sia collegabile alla partenza da Venezia, avvenuta attorno alla metà del 1764. Con l’arrivo del  conte Giacomo Durazzo, il lavoro di copia sarà svolto dai copisti definiti della bottega del gruppo A che, al seguito del nuovo ambasciatore, continueranno su larga scala a copiare composizioni di L. e altri autori veneziani nel nome dei musicisti austriaci. Ni

L. è un musicista libero professionista che non ha interessi a figurare se non in quegli incarichi che possano dargli lustro e prestigio. Normalmente compone e vende le sue composizioni ma suole mantenere un proprio archivio personale che aggiorna frequentemente. Le parole di Nicolò Jommelli, tra il 1753 e il 1769 fu attivo alla corte di Stoccarda del principe Carlo Eugenio duca di Württemberg, sono a tal fine illuminanti del legittimo desiderio di L. di avere copia dei suoi lavori ceduti a terzi. Il 24 febbraio 1769 Jommelli scriveva (G. Viverit, Problemi di attribuzione conflittuale nella musica strumentale del Settecento, tesi di laurea dell’Università di Padova).

«Io, se ?ò sempre lasciati in potere di V. A. S. tutti gli originali di mio proprio carattere, di tutte le mie composizioni, che per lo spazio di 10 anni, ò? dovuto qui rifare, gli ò? solo lasciati per dimostrare qual sia il mio sincero attaccamento all?’adorabile persona di V. A. S. e per corrispondere con tale per me ben forte sacrificio, alle tante grazie e munificenze, che l?’A. V. S. si ?è degnata di sempre ricolmarmi? ma non già per mio obligo. Non vi ?è esempio, sicuramente di qualunque sia compositore di musica, o altro scrittore autore, che abbia lasciato fuori delle sue mani, ed in potere di chicchesia, gli originali di suo proprio carattere. Ne H?asse, ed altri, alla corte di Dresda? ne tanti maestri alla corte di Vienna? ne il celebra Scarlatti, ed altri di Espagna…Insomma ne mille ne mille altri, da che esiste la mus?ca. E se, allor che io ebbi la sorte di essere accordato all’?onorevol servizio di V. A. S. mi fosse stata fatta nell?’accordo una simile richiesta? avrei francamente, a qualunque costo, risposto di no. Se lascio dunque la proprietà de? miei propri? originali? perché? mi deve essere proibito di averne le copie? È? ? troppo giusto, e troppo necessario ancora, ad un autore l?’avere in poter suo, e sotto la sua mano, suoi propri occhi, un’?esemplare almeno delle sue proprie produzioni, e fatiche. Pure dall?’ordine datomi da V. A. S. mi accorgo che neppure le copie mi ?è permesso di avere ???[…]. Non ostante, al cenno di V. A. S. è? ciecamente ubbidito, rimettendo quelle copie che mi trovavo presso di me: le altre copie di poche opere che mancano giacche non tutte le opere ànno avuto secondo cembalo completo, siccome non l’?ànno mai avuto tutte le pastorali io mi trovo di averle di già, unite ad altri miei effetti?; spedite al mio proprio paese.»

È perciò lecito ritenere che i testimoni oggi a Modena, provenienti dalla antica collezione Elettorale della cappella di Colonia-Bonn, copiate dai copisti Rosemberg 1 e quelli della bottega del Gruppo A negli anni ’60, possano essere quelle copie di mano di copista ricevute da L. dopo che le sue partiture autografe furono inviate agli ambasciatori austriaci, per trovare loro un “autore” funzionale al disegno Imperiale.   ???

Ipotesi suffragate dallo studio dei testimoni.La fornitura di sinfonie a J. C. Bach seguirà, perciò, proprio con il testimone copiato nella bottega del Gruppo A di:

  • WarB C 13/ TerB 267/2, sinfonia stampata da S. Markordt come op. 8 n. 2, nel 1773, a Amsterdam presente nelle collezioni della
    1. Biblioteca dell’abbazia Benedettina di Kremsmünster (RISM ID. no: 600171564 – A-KR– manoscritto datato 1763-64;)
    2. Biblioteca cistercense di Stams (RISM ID. no: 650003143 – A-ST– datato 1765 ca.);
    3. Estense Universitaria di Modena (I-MOeu Mus. D.17 – databile 1765-69).
  • WarB C 13/ TerB 267/2, sinfonia stampata da S. Markordt come op. 8 n. 2, nel 1773, a Amsterdam presente nelle collezioni della
    1. Biblioteca dell’abbazia Benedettina di Kremsmünster (RISM ID. no: 600171564 – A-KR– manoscritto datato 1763-64;)
    2. Biblioteca cistercense di Stams (RISM ID. no: 650003143 – A-ST– datato 1765 ca.);
    3. Estense Universitaria di Modena (I-MOeu Mus. D.17 – databile 1765-69).
  • WarB YC 14 (Mus. D.16 – manoscritto databile 1765-69), sinfonia intestata anche a 
    1. F. A. Miça (CZ-Pnm XXXIV B 99 – RISM ID no.: 550018238, A-KR H31/276 – RISM ID no.: 600171550) e
    2. J. Haydn (Hob. I:C26).

Al compositore dilettante F. A. Miça sarà poi intestata, plausibilmente composta da L., anche:

  • sinfonia in fa magg. (I-MOeu Mus.D.601 – manoscritto databile 1772 ca.), ceduta anche ai conti Clam Gallas nel 1771, e attribuita, per un periodo, a J. K: Vanhal (CZ-Pnm XLII E 360 – RISM ID. no. 551007714). 

Tra il 1764 e il 1765 L. sembra adottare il nom de plume di “Luchesi” come paiono confermare le annotazioni di Pietro Gradenigo. Il 13 giugno 1764, nel teatro di Padova diretto dall’impresario C. Bernardi, L. suonerà il cembalo nell’Antigona di T. Traetta. Il 10 agosto esordisce in campo sacro con una Messa e Vespero per l’importante convento di San Lorenzo (400 esecutori – Notatorio XII).

«Andrea Luchesi, organista di San Salvatore, avvalorò il suo concetto oggidì che come maestro delle reverende monache sopra sontuosissimo palco diresse la messa e li vesperi in musica, per la prima volta con lode».

L. esordisce ufficialmente al teatro di corte di Vienna, nella primavera 1765, con L’isola della fortuna, libretto di G. Bertati. La commissione al giovane L. sembra lecitamente ascrivibile alla direzione dei teatri imperiali del conte Giacomo Durazzo (dimessosi nell’aprile 1764). L’opera sarà replicata il 4 (8?) dicembre a Venezia, al San Samuele e, due anni dopo, al  teatro di corte di Lisbona (1767). L’esordio internazionale presso i teatri Imperiali è sicuramente il frutto di una carriera che ha già dato importanti prove di competenza; nello stesso tempo garantisce come nell’ambiente musicale imperiale la fama di Luchesi e, soprattutto, la sua attività compositiva, seppur svolta principalmente sotto nome altrui, sia conosciuta e apprezzata. 

L. collabora probabilmente con il capocomico austriaco Joseph von Kurz detto Bernardon, protetto dal Conte Durazzo (luglio 1764 – Kevenhuller-Metsch Johann Joseph (Principe), Theater, Festen und Feiern zur Zeit Maria Theresias 1772-76, Wien 1987, p. 218/219?), che dal giugno 1763, fino al 1765, rileverà e rinnoverà il teatro San Cassiano, della famiglia Tron. Il conte Durazzo, ambasciatore cesareo a Venezia (dal 27 settembre 1764), è probabilmente il creatore di un progetto imperiale teso allo sviluppo e alla creazione e divulgazione di una musica Austriaca. Verso la fine del 1764/inizi del 1765, L. diviene verosimilmente una pedina importante di questo progetto che lo porterà a cedere le sue sinfonie ai nobili dell’impero austroungarico. Tramite il conte Durazzo, cognato del principe Nikolaus Esterházy detto il Magnifico, seguirà la fornitura di composizioni da intestare a J. Haydn, plausibilmente iniziata con i tre quartetti Hob. III:1, 3, 6. La fornitura di proprie composizioni J. C. Bach, C. von Ordonez, N. Piccinni, N. Jommelli, J. Haydn, per ragione della minore età, sembra divenire un modus operandi.

Ipotesi suffragate dallo studio dei testimoni.La prima sinfonia di L. venduta agli Esterházy, oggi presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena, è ragionevolmente:

  • Hob. I:13 (I-MOeu Mus. D. 142 – manoscritto redatto in carta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta da Pietro Maffizoli – AS-M – databile 1764-69 – Fratelli Andrioli di Toscolano – FCA – databile 1767-69 – duplicato di Basso aggiunto posteriormente in carta Valentino Galvani di Pordenone– VG), di certa provenienza elettorale. Si tratta della fonte più antica della sinfonia (il manoscritto presso la Gesellschaft der Musikfreunde – GdM XIII 19071 – è scritto anche in carte AS-A, sicuramente posteriore), unica a contemplare una parte di timpani, oggi ritrovata tra i frammenti, aggiunti solo posteriormente nell’autografo di J. Haydn, da mano ignota. La presenza di una parte di timpani, realizzata dagli stessi copisti e nelle stesse carte del resto delle parti strumentali, assicura la non provenienza dall’autografo che sembrerebbe essere stato realizzato copiando una fonte strumentale priva di timpani. 

A questa prima sinfonia, fino alla partenza per la Germania (ottobre/ novembre 1771), seguiranno:

  • Hob. I:22 (I-MOeu Mus. D. 149 – manoscritto databile 1767-71 – di certa provenienza elettorale, la sola fonte del XVIII secolo a riportare il titolo della sinfonia Le philosoph e I-MOeu Mus. D. 145, coevo alla fonte  Mus. D. 142 di Hob. I:13, di certa provenienza elettorale – manoscritto redatto in carta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta da Pietro Maffizoli – AS-M – databile 1764-69, Fratelli Andrioli di Toscolano – FCA – databile 1767-69, duplicato di Basso aggiunto posteriormente in carta Valentino Galvani di Pordenone – VG – probabilmente la più antica fonte della sinfonia);
  • Hob. I:24 (I-MOeu Mus. D. 150, di certa provenienza elettorale, databile 1768-70, probabilmente la più antica fonte della sinfonia);
  • Hob. I:31 (I-MOeu Mus. D. 143, di certa provenienza elettorale – manoscritto redatto in carta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta da Pietro Maffizoli – AS-M – databile 1764-69 –  Antonio Seguito, nella cartiera diretta dai fratelli Avanzini – AS-A – databile 1763-65, duplicato di Basso aggiunto posteriormente in carta non identificata, databile 1767-69, probabilmente la più antica fonte della sinfonia);
  • Hob. I:35 (I-MOeu Mus. D. 144, di certa provenienza elettorale – manoscritto redatto in carta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta dai fratelli Avanzini – AS-A – databile 1763-68 –  Antonio Seguito, nella cartiera diretta Urbano e figli Porri – AS-P – databile 1767-72, probabilmente la più antica fonte della sinfonia);
  • Hob. I:28 (I-MOeu Mus. D. 154, di certa provenienza elettorale, databile 1768-70, probabilmente la più antica fonte della sinfonia);
  • Hob. I:36 (2, forse 3 fonti, I-MOeu Mus. D. 140 e F.551.1, di certa provenienza elettorale, tra le più importanti della sinfonia);
  • Hob. I:D1, intestata anche a M. Haydn (I-MOeu Mus. D. 155, di certa provenienza elettorale, databile 1768-70, probabilmente una delle fonti più antiche della sinfonia).

Si tratta di 9 manoscritti di 8 sinfonie, richiesti verosimilmente da L. all’ambasciatore Durazzo per il proprio archivio personale, prima della partenza per Bonn. Tutti i manoscritti recano tracce concrete di un’alterazione, avvenuta  sia a Venezia, verso la metà del 1771, che a Bonn, verso la fine del 1784-inizi 85: gli antichi frontespizi (solitamente scritti sul fascicolo di basso), e l’intero primo bifolio sono stati tutti gettati e sostituiti con un nuovo bifolio di carta posteriore su cui sono stati riscritti, in grafia disomogenea al resto del fascicolo strumentale, i nuovi frontespizi e relativa musica mancante (l’analisi del filo utilizzato per la rilegatura dei fascicoli potrebbe forse fornire informazioni importantissime). Uno dei responsabili della manipolazione, avvenuta prima della fine del 1771, è oggi identificabile nel copista R:Z: (il monogramma del copista si trova nella fonte di BroO I:C8 – CZ-Pnm XXXIV B 153, RISM ID no. 550040290). Detto copista, sicuramente non appartenente alla cappella di Bonn, è il medesimo che scrive le fonti degli Scherzando Hob. II:33-38, presenti anch’essi presso la collezione della Biblioteca Estense Universitaria (I-MOeu Mus. F. 552 1-6). Si tratta verosimilmente di altre composizioni veneziane cedute agli Esterházy da Luchesi che concreti indizi portano a quantificare, prima del 1771, in 8 sinfonie +6 sinfonie (Scherzando)= 14 lavori sinfonici.

A questi lavori sono verosimilmente da aggiungere anche quartetti

  • Hob: III:19-24 (Op. 9 – I-MOeu Mus. F.550 e Mus. D.159, manoscritti databili rispettivamente seconda metà del 1771 e tra la metà del 1770 e la metà del 1771);
  • Hob. III:25-30 (Op. 17–  I-MOeu Mus. F.549 e Mus. D. 169 – solo il quartetto Hob. III:29 superstite di almeno 4 fonti – manoscritti databili tra la metà del 1770 e la metà del 1771);
  • Hob. III:32 (Op. 20 – I-MOeu Mus. D.160, manoscritto databile 1764-69);.

Le fonti dell’Op. 9 e 17 oggi a alla Biblioteca Estense Universitaria di Modena, copiate come collezione in 4 fascicoli strumentali (Mus. F.550 e 549), sono sicuramente realizzate da un copista veneziano per verosimile richiesta di L.,  prima della partenza per Bonn. Si tratta del medesimo copista di cui si servì L. per duplicarele fonti delle proprie sinfonie in mib e sib magg., date a J. G. Naumann al più tardi nel 1768. Al menzionato copista veneziano sarà commissionata anche la realizzazione di una copia di Hob. III:19-24  Op. 9, per la famiglia Giustiniani Recanati (I-VEc, fondo Giustiniani B. 23 n. 15, fonte poi duplicata). Dette fonti (3 più 1 copia ceduta ai patrizi Canal, 1 copia a Bergamo e 1 copia a Montecassino di Op. 9, oltre a 1 di Op. 17 più l’antigrafo da cui furono tratte), consentono di affermare come Venezia, attorno al 1770-71, fosse divenuta il centro di copia più importante per la divulgazione dei quartetti di Haydn. Quanto al quartetto Hob. III:32, la fonte oggi a Modena è scritta su carta Antonio Seguito di Toscolano, nella cartiera diretta da Pietro Maffizoli – AS-M – aspetto che la rende lecitamente databile 1764-69. Richiesta da  L., verosimilmente alla metà del 1771, divenne parte dei sei quartetti di J. Haydn conosciuti come Op. 20, che la ricerca musicologia e storiografica accetta essere stati composti nel 1772.

Le grafie dei copisti che realizzarono le fonti delle sinfonie intestate a J. Haydn Hob. I:13, 22, 24, 31, 35 (i copisti del conte Durazzo, gli stessi che A. P. Brown identifica come appartenenti alla bottega del gruppo A), si ri trovano anche nelle fonti delle sinfonie, anticamente presenti presso la cappella di Bonn, intestate a Carlo D’Ordonez, di cui si ricorda come «certe […] sinfonie hanno potuto essere confuse con quelle di J. Haydn».

La sinfonia in do magg. BroO I:C10 (fonte contemporanea a Hob.I:13), pare essere il secondo lavoro ceduto da L. all’impiegato di corte e violinista dilettante Carlo D’Ordonez. A essa ne seguiranno altre 20, composte fino alla fine del 1771, tra cui:

  • BroO I:G8 in sol minore (unica fonte esistente al mondo);  
  • BroO I:C10 (fonte in assoluto più antica);
  • BroO I:F2 (fonte in assoluto più antica);
  • BroO I:C12 (fonte in assoluto più antica);
  • BroO I:A4 (unica fonte esistente);
  • BroO I:D5 (unica fonte esistente);
  • BroO I:C5 (probabilmente la più importante delle due fonti esistenti);
  • BroO I:D9 (probabilmente la più importante delle due fonti esistenti);
  • BroO I:G5 (probabilmente la più importante delle due fonti esistenti, l’altra presente nella collezione del liceo musicale N. Paganini di Genova – Durazzo?);
  • BroO I:D9 (probabilmente la più importante delle due fonti esistenti);
  • BroO I:F12 (probabilmente la più importante delle due fonti esistenti);
  • BroO I:F1 (probabilmente la più importante delle due fonti esistenti);

Dal medesimo gruppo di copisti provengono anche le fonti modenesi di origine elettorale di

  • 6 Divertimenti  WeiV 5a C5, E5,  F1, Eb2, Bb1, Bb9 [I-MOeu Mus. D. 537-542 – scritti in carta Antonio Seguito Toscolano prodotta da P. Maffizoli (AS-M  – triennio 1764-66), e Andrea Fossati (AF – triennio 1764-66), databili 1764-69);

Le fonti di detti quartetti, presenti nel Fondo modenese, sembrano dimostrare come altre composizioni cameristiche di L., soprattutto quartetti, possano essere confluite tra la musica attribuita a  J. K. Vanhal, presente a Venezia in occasione del viaggio italiano intrapreso tra il  1769-71.

Altre 8 sinfonie composte attorno al 1766-71, sempre plausibilmente di L., sembrano identificabili tra quelle attribuite a L. Hofmann. Tra esse, ve ne sono alcune copiate dai copisti del gruppo A, i medesimi che realizzano le fonti delle composizioni di J. Haydn, Carlo d’Orodenz e J. K. Vanhal, ovvero:

  • KimH Bb3 (I-MOeu Mus. D.180, con duplicati degli archi databili 1770-71);
  • KimH G5, sinfonia in sol maggiore (I-MOeu Mus. D.183, presente anche presso
    • Rajhrad, CZ-Bm A-12.563, datata 1768);
  • KimH Eb2, sinfonia in mib maggiore  (I-MOeu Mus. D.186, unico esemplare esistente in parti strumentali, annunciata nel VII supplemento del catalogo Breitkopf del 1772);

Le altre fonti intestate a L. Hoffmann, composte fino al 1771, verosimilmente da L., sono:

  • KimH C7 – I-MOeu Mus. D. 177, segnata «Concertino/ Sinfonia», ma anche  «A:AL:», dal possibile significato «A[uchtore]: A[ndrea] L[uchesi, unico esemplare esistente al mondo);
  • KimH D8 – I-MOeu Mus. 184, presente anche presso
    1. Biblioteca di musica e teatro di Stoccolma, S-SKma O-R
    2. Narodní Muzeum di Praga, proveniente dalla collezione di J. Pachta, CZ-Pnm XXII D 163;
  • KimH Eb1 – I-MOeu Mus. D.185, segnata nel fascicolo di Oboe secondo, a lapis, «il 28 … ‘770», presente anche nelle collezioni
    1. Benedictinerstift Musikarchiv di Melk;
    2. Narodní Muzeum di Praga, proveniente dalla collezione dei conti Waldstein del castello di Doksy, CZ-Pnm XXXIV B 230, con titolo «Menuetto»;
    3. Národní Muzuem, collezione Osek, CZ-Pnm XXXII C 90, con titolo «Menuetto»;
    4. Fürst zu Hohenlohe Bartensteinsches Archiv di Bartenstein D- BAR n. 1, intestata a J. Haydn;
    5. Hofbiblithek dei principi Thurn und Taxis di Regensburg D-Rtt Hofmann 185;
  • KimH Eb3, (I-MOeu Mus. D.196, intestata anche a J. Haydn, inizialmente copiata a nome di J. K. Vanhal e successivamente attribuita a L. Hofmann);
  • KimH F 8 (I-MOeu Mus. D.182, attribuita anche a J. K. Vanhal BryV F13, D-Mbs Mus.ms. 1546);
  • KimH Bb2 (I-MOeu Mus. D.179, con corni, presente anche presso
    1. Narodní Muzeum di Praga, proveniente dalla collezione dei conti Waldstein del castello di Doksy, CZ-Pnm XXXIV C 240, senza corni;
    2. Hofbibliothek dei principi Thurn und Taxis di Regensburg, D-Rtt Hofmann 2, scritta dai copisti della bottega del gruppo A, senza corni;
    3. biblioteca dell’Istituto Musicale G. Paganini di Genova, I-Gi M-4.27.10 in partitura, con corni.
  • KimH Bb6 (I-MOeu Mus. D.197, presente anche presso
    1. Národní Muzuem, proveniente dalla collezione dei conti Waldstein del castello di Doksy, CZ-Pnm XXXIV B 320;
    2. Národní Muzuem, collezione ?, CZ-Pnm II E 158;
    3. Národní Muzuem, collezione Osek, CZ-Pnm XXXII C 92.

In ambito teatrale, nel 1766 L. compone per il rinnovato teatro di Treviso Il marito geloso, libretto del N. H. Giovanni Dolfin, con cui intratterrà contatti anche durante il periodo bonnense. Il lavoro sarà ripreso presso l’Accademia filarmonica di Santa Marina, l’11 aprile 1766. Il marito geloso si apre con un Coro, un quartetto (forse un quintetto), cantato dal Conte Gelsomino, Calandrina, Bettina, Volpone e forse Pamfilio (indicato in disparte), il cui testo Chi ha il core giocondo è mutuato dal finale de La contadina di corte [libretto indicato da J. A. Rice –The Roman intermezzo and Sacchini’s “La contadina di Corte” come del c. Gasparo Gozzi (?)], che, nella versione intonta da Giacomo Rust, presentata a Venezia nel 1763 e andata in scena nel teatro Marsigli-Rossi di Bologna (Carnevale del 1765), chiude il terzo e ultimo atto dell’opera.

 

Il 22 gennaio 1767, al teatro San Samuele, compone la cantata Cheta è l’onda, tace il vento, fuor del Pelago correte, libretto del Conte G. Gozzi, che apre le celebrazioni per la visita ufficiale di Carlo Eugenio duca di Württemberg. Della cantata sopravvive oggi solo l’aria Scender può da Giove solo, copiata dai copisti di fiducia di L. del teatro San Benedetto, autori anche delle copie veneziane dei quartetti Op. 9 e 17 (CH-Gc R 253/15 – RISM ID. no.: 400065829). L. è un affermato giovane compositore che s’è guadagnato un posto importante nel mercato musicale veneziano, tanto da essere chiamato ad aprire i festeggiamenti preparati per un principe in visita ufficiale. P. Gradenigo segnala (Notatorio XVII)

«[…] Prima di ogni altra cosa vi fu una cantata a quattro voci, cioè quelle di Anna Piccinelli, Gaetano Guadagni, Giuseppe Alferri, et Luca Fabris, personaggi allusivi all’Adria, ad Apollo, a Mercurio, et al Genio dell’arti. La compose Gasparo Gozzi, e la diresse il maestro Andrea Luchesi, che stampata venne distribuita». 

Frontespizio della cantata. Internet Culturale

Nel 1767, al teatro San Moisè della famiglia Giustiniani-Recanati, L. presenta Le donne sempre donne, libretto dell’Abate Chiari, ripreso al teatro Grande di Brescia nel 1772. 

Verosimilmente nel 1767, L. fornisce personalmente a J. G. Naumann copia di 2 delle 6 sinfonie intestate, quelle in mib magg. e sib magg., che, unite al proprio Kyrie in re min., copiato dallo stesso Naumann, saranno portate a Dresa (D-Slub Dresden, Ms 3478-D-1 e N-1,1/2). Queste tre composizoni sono importantissime poichè capaci di far luce sulle prassi seguite da compositori e copisti per trasportare musica.

  • Le due sinfonie sono infatti copiate, come logica vuole, a Venezia e in parti separate. La prassi dell’epoca suggerisce come le fonti siano state duplicate verosimilmente da una partitura possedute da L.. Realizzate le parti strumentali da copisti di fiducia L. le corresse e le autografò. La musica strumentale era pertanto solitamente trasportata in parti separate, onde evitare spese inutili di doppia trascrizione, al fine di rendere immediatamente eseguibile il materiale realizzato;
  • Il Kyrie di Dresda fu invece copiato da J. G. Naumann in partitura autografa, per risparmiare probabilmente i costi di copia. Naumann duplicò sicuramente una partitura in possesso di L. e utilizzò verosimilmente carta Tre lune, più piccola della REAL, per ridurre il peso trasportato e, di conseguenza, il costo di viaggio.

In base alla musica trasportata da J. G. Naumann sembra possibile identificare una sorta di regola dettata da motivi economici: mentre la musica vocale era solitamente trasportata in partitura, in formato da viaggio, per ridurre il peso delle parti strumentali e vocali trasportate ed evitare di trarre parti diverse o in eccesso rispetto agli organici a disposizione delle diverse cappelle, normalmente la musica strumentale era trasportata in parti separate, per renderle immediatamente eseguibili anche durante il viaggio e, qualora capitasse l’occasione, poterle venderle.

In campo sacro, sempre nella chiesa di San Salvatore, l’8 aprile 1767 Luchesi produce la musica per il funerale del cardinale D. Antonio Andrea Galli. P. Gradenigo scrive (Notatorio XVIII)

« […] Funerale proporzionato al merito del defonto in Roma a 24 del mese eminentissimo Antonio Andrea Galli, bolognese, canonico scopettino, qui nella chiesa di San Salvatore, adempito con catafalco, e musica diretta dal maestro Andrea Luchesi, veneziano, e ciò per comando del reverendo padre abate attuale don Ambrogio Muttoni, lodato in funere da chi ben conosceva si degno Cardinale […]».

La messa funebre potrebbe essere il nucleo su cui L. lavorò per produrre il Requiem commissionatogli dal duca Gioacchino di Montealegre (1771), ambasciatore della corona spagnola, per le proprie esequie. Il 20 aprile L. dirige le monache di San Zaccaria nella messa solenne e vespero composta dall’assente F. Bertoni, recatosi a Napoli. È un’altra testimonianza lasciataci da P. Gradenigo del sodalizio artistico tra i due musicisti.

«Solenne messa, e vespero, a spese delle reverende monache di San Zaccaria, composta dal suddetto Bertoni, facendo le di lui veci qui il signor Andrea Lucchesi, veneziano et organista de’ canonici di San Salvatore»

Il 9 maggio 1768, giorno della festa della Sensa, presso il teatro san Benedetto va in scena Il Demetrio di Antonio Gaetano Pampani, su testo di Metastasio. L’aria Quel labbro adorato nella scena seconda del terzo atto, cantata da Alceste che si scopre essere Demetrio, è composta da L., che in data non precisata richiese copia della medesima ai soliti copisti di fiducia del teatro San Benedetto. 

Il 10 agosto 1768 L. viene scelto per la seconda volta come compositore e direttore  della musica per la grande funzione del convento di S. Lorenzo (P. Gradenigo scrive «[…] mediante le proprie idee, ma non troppo applaudite»): nello stesso anno, L. concorre alla carica di maestro dell’Ospedale degli Incurabili, distinguendosi nella composizione di Messa, Vespro, Te deum e dell’oratorio latino Sacer trialogus (forse su libretto proprio). L’abate Ortes [L. Pancino, Johann Adolf Hasse e Giammara Ortes. Lettere (1760-1783)] ricostruisce la vicenda nelle lettere indirizzate ad A. Hasse il 6 luglio (Este) e il 30 luglio (Venezia). 

« […] e che per un’altra festa insolita [triduo] d’un nuovo santo [Girolamo Emiliani] da celebrarsi in settembre, fu pur data la commissione di un Vespro, Messa e Tedeum al Luchesi, maestro che si principia a nominare da poco tempo. Fra questi due [Vincenzo Pallavicini – seconda decade del 1700-post 1760 – e L.] che brigano per quel posto forse con qualche altro, è facile che resti scelto il secondo […]. […] la massima per ora era di rimettere in quel posto il Buranello [B. Galuppi], atteso quanto prima di ritorno da mosca. E ciò tanto più quanto che i governatori del luogo preferiscono volontieri un maestro che abbia già corso tutte le fortune ad uno che per l’età men matura aspiri a fortune maggiori, e del quale in conseguenza non possano compromettersi per lungo tempo. Per questa ragione mancano al presente di maestri alla Pietà e all’Ospedaletto: essendo il Trajetta [T. Traetta] medesimo partito a giorni passati per Moscovia a rimpiazzare lo stesso Buranello».

Il Vespro, considerato perduto, sembra lecitamente identificabile nella fonte Mus. D.234, presente presso la Biblioteca Estense Universitaria di Modena. Copiato in carta Giacomo Bertolazza (GB – prodotta durante il triennio 1764-66), da quello che potremmo ritenere un copisti degli Incurabili, forse il grammatico che seguì L. e Gaetano Mattioli nell’esperienza tedesca, fu portato a Bonn nel 1771.

Sempre nel 1768, probabilmente verso la fine di novembre, L. compone “Sept O”, le Antifone per la Settimana Santa (Mus. D.235). La fonte, copiata in carta Giacomo Bertolazza (GB – prodotta durante il triennio 1764-66), dallo stesso copista che scrive le parti del Vespro, sembrerebbe suggerire come il rapporto tra L. e il conservatorio degli Incurabili, non si sia ridotto nella commissione del Triduo per san Girolamo Emiliani, ma sia proseguito verosimilmente fino alla fine del 1771.

A Natale del 1768 L. inaugura l’organo grande della Basilica del Santo di Padova, su richiesta del padre Vallotti (Archivio dell’Arca del Santo, Padova, Atti e parti vol. 32, c, 196, in data 29 dicembre 1768, «Ad Andrea Luchese [sic] organista, per aver suonato il nuovo organo, ducati 10 da £. 6:4»). Il giornale d’Italia ne da notizia l’11 febbraio 1769.

«Nella magnifica Orchestra di S. Antonio di Padova si è rimesso il quarto Organo, che restò arso anni fa in occasione dell’incendio, che si appiccicò in quel sacrario. […]. A’ 27 Dicembre dell’anno prossimo passato se ne fece la prova pubblicamente coll’intervento de’ Signori Presidenti dell’Arca, e d’ogni condizione di persone dal celebre Sig. Andrea Lucchesi, Professore Organista in Venezia. Riuscì a meraviglia, fu applaudito, piacque a tutti fuor di modo, ma specialmente ai più intendenti, e dotti Professori di Musica, i quali asseriscono essere uno dei migliori, particolarmente nella voce umana, nel Flauto traverso, e nel Flauto becco, che per la perfetta imitazione, e per la rara dolcezza vengono considerati tre registri, che abbiano pochi eguali. Tale n’è l’autorevole opinione dell’incomparabile P. Vallotti, Maestro di quella insigne Cappella, del celebre Sig. Ferandini Maestro di Musica di S. A. R. il Sig. Duca di Baviera, e così dei Signori Matteo Bissoli, e D. Antonio Vandini, ambi rinomati Professori, uno di Oboe, e l’altro di Violoncello. Questa è Opera dell’ingegnosissimo Signor Co. Marco Lion Padovano […]».

Il 13 febbraio 1769 L. presenta in teatro privato Il giocatore amoroso (ripreso in diverse versioni a Bonn nel 1772, a Regensburg dalla compagnia di D. Friggeri attorno al 1775, sempre in Germania tra il 1782-85 e a Varsavia nel 1785), e, il 16 agosto, la Messa per la Scuola Grande di S. Rocco, con l’intervento per decreto ducale dei quattro ospedali veneziani. Nel primi giorni di settembre 1770 L. è a Verona con F. Bertoni, G. Gazzaniga e due valenti musicisti locali (Daniel del Barba e Bartolomeo Giacometti), per la festa dell’Incoronazione della Vergine del Popolo (G. Biancolini, Notizie storiche sulle chiese veronesi).

Il 18 aprile 1770, scrivendo al conte G. Riccati, L. riassume brevemente la sua produzione (Biblioteca comunale Joppi di Udine, Commercio Lettere del conte G. Riccati, Vol. IV, n. 147):

«Quantunque sia corso un gran giro di tempo da chè non ho incomodato Vostra S. Ill.ma co’ miei caratteri, e ciò per trovato affollato di occupazioni ed affari un po’ troppo – niente di meno essendo persuaso abbastanza della bontà e compatimento suo verso di me, così mi prendo l’ardire di raccomandarLe la signora Vittoria Mazzoni che in qualità di soprano buffo viene a cantare a Treviso, acciocché sotto il manto della sua protezione oppure della nobile Sig.ra Contessa possa esser al coperto da qualche ingiustizia o vessazione che per azzardo le potesse avvenire. Ho scritto molto in questo scorso tempo perché ho composto diverse opere, alcune per la Germania, altre per Venezia. Ho scritto per l’Ospital degli Incurabili in mancanza del Sig. Maestro Buranello; molte fonzioni ne’ più rispettabili Monasteri di Venezia, ultimamente la fonzione di San Rocco che fu assai decorosa. Sono andato al Santo di Padova per far sentire la prima volta l’Organo fatto sotto la direzione del Nobile sig. Co. Marco Lion, dove ho avuto occasione di goder dell’amabile e proficua compagnia del celebre P.re M. Vallotti. […]».

Nel periodo maggio-settembre 1770 è plausibile che la corte di Bonn contatti L. per ufficializzare  ingaggio. È altresì verosimile che L. richieda delle garanzie e soprattutto concordi con la corte i musicisti che lo affiancheranno tra cui un violinista, un grammatico, e alcuni cantanti con cui lavorare in ambito sacro e teatrale. Il violinista prescelto sarà G. Mattioli, individuato probabilmente attraverso il contributo di padre Martini che, il 29 settembre 1770, invia un attestato sulle qualità del giovane violinista al conte Luigi Bevilacqua Ariosti. (Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna, lettera Martini H.072.037a.)

«Il Padre Maestro Martini viene riverito dal Segret.riodi Casa Bevilacqua, il quale, non potendo quest’oggi, per esser giornata di Posta, portarsi da Lui a ricevere il con saputo attestato, Lo prega a degnarsi di consegnarlo all’esibitore del presente suo Viglietto: E frattanto con rispettosa stima si dichiara

       Suo Div:moObb:moSer:re  Di Casa 29: 7bre 1770

«Bologna lì 29. 7bre 1770, in …ferma della efficace raccomandazione di Sua eccel. Il Sig Generale Angelelli attesto io infrascritto, come il Sig: Gaetano Mattioli detto il Veneziano professore di Violino e distinto nella sua Arte, non solo per suonare con tutta perfezione a Solo, ma Singolarm.tecome Capo condurre e regolare qualunque un Orchestra, in fede […] F. Giambattista Martini Minor Cono.le».

L’attestato potrebbe verosimilmente essere legato alla scelta di Mattioli in qualità di primo violino per la corte di Bonn. Si tratta infatti di un documento ufficiale, redatto da un’autorità in campo musicale come padre Martini, sicuramente rivolto a un potente o a una istituzione, non a un soggetto privato come L. (mancano, al momento, altri riscontri documentali). Verso la fine del 1770 parrebbero già contrattati i cantanti per la corte, individuati plausibilmente anch’essi attraverso l’ambiente musicale bolognese, legato a padre Martini e alle nobili famiglie Bevilacqua-Ariosti e Angelelli Malvezzi. Roger Alier Aixalà ha evidenziato come la maggior parte dei cantanti d’opera, giunti a Barcellona nel decennio 1762-1772, provenisse da Bologna, e come tra questi vi fossero anche Francesco Bennati, Antonio Delpini, cantante/ballerino, e Rosa Scannavini. La presenza di quest’ultima ne L’amore lunatico di Chiari/B. Galuppi, dedicato a Ernestina von Weissenwolf, contessa Durazzo, potrebbe fornire un’altra spiegazione della sua partenza per la Germania, connessa al conte Durazzo.

Nel febbraio-marzo 1771 i Mozart incontrano L. a Venezia e ottengono copia del concerto in fa magg. per tastiera, orchestra d’archi e strumenti obbligati, che adotteranno sistematicamente nella loro scuola a Salisburgo. Il medesimo concerto, per cui Wolfgang scriverà la cadenza autografa K. 626a, sarà eseguito ancora a Elwangen an der Jagst nel 1777. Leopold definisce L. “maestro di cemballo”, cioè celebre compositore ed esecutore alla tastiera. Lo stretto legame instauratosi a Londra tra il giovane Wolfgang e J. C. Bach, accettato da storiografi e musicologi, getta una luce tutta nuova all’incontro con L., autore di composizioni cedute al compositore tedesco a partire dal 1760.

Nei primi mesi del 1771, L., in analogia con la richiesta fatta al conte Rosenberg Orsini nel 1764, ottiene copia dei lavori ceduti ai compositori austriaci dal conte Durazzo, per inserirli nel proprio archivio personale. É, infatti, lecito ritenere come, prima della partenza per un periodo che lo terrà lontano da Venezia per un triennio, L. abbia messo ordine al proprio archivio personale, come del resto farà con l’archivio della cappella, prima di lasciare Bonn nel 1782 . La spiegazione delle fonti ante metà del 1771, oggi nel fondo Luchesi della Biblioteca Estense di Modena, intestate a J. Haydn, C. von Ordonez, L. Hofmann, J. C. Bach, J. K. Vanhal, pare lecitamente risedere proprio nella cura con cui L. seguì il catalogo delle proprie composizione, benché intestate a altri. Sicuramente L. tenne un proprio catalogo, oggi disperso, il cui eventuale ritrovamento sarebbe in grado, da solo, di svelare i misteri connessi alla scomparsa della musica del Celebre Luchesi della Motta e della grande tradizione della scuola strumentale italiana.

Il primo giugno 1771 è ufficialmente contrattato dal principe Elettore di Colonia, Massimiliano Federico di Königsegg Rothenfels, come suo maestro di cappella personale, “in wirkliche dienst”. L’impegno è triennale e le spese saranno sostenute dal principe con la sua cassa privata. Il compenso previsto di 1207 fiorini annuali (circa 240 ducati), non pare potersi considerare la ragione dell’accettazione dell’incarico, giacché il mercato veneziano, ma anche quello tedesco cui L. dichiara di aver accesso, paiono essere in grado di procurargli occasioni di guadagno superiori. Al normale compenso di organista di San Salvatore (90 ducati l’anno) si aggiungono le composizioni teatrali (normalmente ricompensate con 100 ducati), e quelle eccezionali (organo grande a Padova, 10 Ducati).

Prima della partenza, L. compone il Requiem per le esequie solenni del duca José Joaquin di Montealegre (1692-1771), ambasciatore di Spagna a Venezia (1 luglio 1771), e l’opera buffa Il matrimonio per astuzia (ottobre 1771, libretto proprio), uno dei pochi lavori buffi presentati al S. Benedetto nella storia del teatro.

Verso la fine di ottobre 1771, L. lascia Venezia per trasferirsi a Bonn, dove giungerà alla fine di novembre. Pietro Gradenigo (Notatorio XXXI), il 5 dicembre 1771 scrive: 

«il Sig.r Andrea Luchesi, Veneziano, giovane assai perito e commendato nell’Arte Filarmonica passa dalla sua propria Patria al servizio di Massimiliano Federigo di Königsegg-Rothenfels, vescovo, et elettore di Colonia e ivi si tratterrà per alcuni anni ben accolto et stipendiato da quel Principe Mecenate Generoso delli virtuosi et Letterati, et amante dell’armonia musicale». 

Il contratto assicura come L., al termine del periodo, rientrerà a Venezia, dove sicuramente mantiene una residenza, verosimilmente sempre in corte dei Pignoli. Nel contempo, l’appunto di Gradenigo suffraga la chiamata diretta dell’Elettore, il periodo di alcuni anni del contratto (triennale, come d’uso), e l’impossibilità di considerare l’ipotesi di una insostenibile compagnia itinerante.

Sono da ascriversi al periodo precedente la partenza i seguenti lavori vocali, forse legati alle cantate scomparse:

  • Ah, nel lasciarti o cara e Ecco l’infausta aurora (British Lybrary, GB-Lbl Add. 14207);

Tra i lavori sacri, forse legati a quelli veneziani, scomparsi, sono da annoverarsi;

  • Messa in re magg. e Credo in do magg. (Museo Grada Spalato, HR-Sm VIII/137-8);
  • 7 messe oggi a Modena.

 Tra i lavori strumentali:

  • allegretto per cembalo in re minore (Zagabria HR-Zha LXXV.Q);
  • 1 concerto in fa magg. per tastiera e strumenti obbligati (Lousiville US-Lou, Profana 112);
  • 1 concerto in fa magg. per tastiera e archi, databile probabilmente post 1762, allorquando J. C. Bach si trasferisce a Londra;
  • 1 Sinfonia Del Sig:r Andrea Luchesi, in D (All. Assai, And. lento 3/4, Presto 2/4) [mss.] I-VEc – fondo Correr B. 47.8; B. 59.3; B. 88.2; B. 84.4; B. 91.3; B. 101.5 – lavori copiati ed eseguiti dalle “putte” dell’ospedale della Pietà.

Potrebbe risalire a questo periodo ed essere stato composto da L. durante il periodo veneziano anche il Ballo Cinese, segnato in grafia di L. «di Teller» (J. F. Deller – 1729-1773 – Mus. G.214). Trasportato in partitura in formato da viaggio a Bonn sembra, come paiono indicare le tonalità dei corni specificate attraverso l’esacordo e, tra le altre, le indicazioni «in punta d’arco» e «Coll’arco sul scanello sotto voce», lecitamente provenire dall’Italia. 

Sempre L. potrebbe essere verosimilmente il compositore di

  • 5 concerti anonimi per strumento a tastiera, strumenti obbligati e orchestra d’archi, presenti presso la biblioteca e monumento nazionale di Montecassino (I-FRBmnmc 1-A-14, a-e).

Copiati sicuramente a Venezia dal medesimo copista di fiducia di Luchesi, autore delle fonti delle sinfonie in mib magg. e sib magg., date a J. C. Naumann, delle copie dei quartetti attribuiti a Haydn Hob. III:19-24 e III:25-30, conosciuti come op. 9 e 17, nonché dell’aria oggi custodita presso il conservatorio di Ginevra, proveniente dalla cantata Cheta è L’onda tace il vento, sembrano riferibili a L., anche per la mancanza di un concerto in fa magg., sicuramente contemplato nella collezione.

Le tonalità dei 5 concerti superstiti, segnati in copertina «Concerti ano/nimo n° 6/ cembalo», sono infatti in mib magg., sib magg., do magg., sol magg. (Trascrizione moderna di G. Tribulzio), re magg.. Resta un dubbio che l’aggettivo «anonimo» nell’etichetta, sia stato aggiunto posteriormente e che la collezione, originariamente, non fosse anonima.

Immagine: Rosalba Carriera.

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